Siamo appena tornati da un weekend lungo in Alto Adige. Un weekend di quelli belli, in un hotel di lusso con ristorante gourmet, spa, sei tra saune e bagni turchi, due piscine di cui una esterna tra la neve con l’acqua riscaldata. Panorami spettacolari da godersi con idromassaggio caldo nella piscina a sfioro…
Una bella coccola rilassante che fa bene al corpo e allo spirito. Allora, dov’è il problema? Ah, non c’è problema! Mi chiedevo però se in Alto Adige ci fosse ancora la montagna. O, meglio, qualcuno va ancora in Alto Adige per la montagna?
Ma non la montagna che fa da sfondo al selfie di rito con in mano un gin tonic o un rum guatemalteco. Intendo proprio la montagna di ramponi per risalire i tratti ghiacciati del costone roccioso. La montagna con i sentieri faticosi da quattro, cinque ore per arrivare, stanchi e sudati, in qualche rifugio alpino.
Diciamo la verità: la montagna si è snaturata progressivamente, con una improvvisa accelerazione negli ultimi anni. Da quando tutti, ma proprio tutti, puntano alla foto perfetta da social, magari con il vestitino corto e la borsetta firmata a bordo ghiacciaio. Esageriamo? No, e tra un po’ vi diciamo perché.
E allora con l’aumento esasperato del turismo social “mordi e fuggi” (l’overtourism, come dicono quelli bravi) anche l’Alto Adige si è adeguato al profumo inebriante dei soldi perdendo pian piano la sua identità.
Possibile che il ristorante dell’hotel non proponga mai un piatto tipico altoatesino, ma abbia successo, con tanto di foto dei piatti sui profili instagram, con i paccheri burrata e pomodorini?
In una Provincia storicamente sempre attenta alla propria identità e al proprio territorio, perché stanno spuntando costruzioni in acciaio e cristallo, invece dei masi in legno con i gerani al balcone? Esiste ancora quell’Alto Adige che abbiamo conosciuto e apprezzato per decenni?
Si, esiste ancora ma bisogna sempre più andarselo a cercare nei posti più scomodi, perché oggi è costretto a lasciare spazio alle esigenze dei vacanzieri da social. A scapito di tradizioni e ambiente.
Già, perché siamo tutti attenti al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità, ma un hotel di lusso deve lavare centinaia di teli ogni giorno, spreca ettolitri di acqua per piscina e saune, per non parlare dell’energia necessaria a mantenere attiva una macchina così enorme e complicata, dalle nuove esigenze potenzialmente infinite.
E allora perché siamo arrivati a queste palesi contraddizioni? Perché la gente vuole questo! Perché è disposta a strisciare carte di credito per un calice di bollicine sul ghiacciaio, con pelliccia, collana di perle e bastoncino da selfie.
Ma tutto questo è giusto? Forse andrebbe chiesto a chi vive in questi posti.
Facciamo un esempio: il Lago di Braies. Sapete qual è? Forse il nome a molti non dice nulla, ma se vi dicessimo: la palafitta di “A un passo dal cielo”?
L’immagine è ben nota a chiunque e quella serie tv ha avuto la conseguenza di portare, su circa tre chilometri di sentiero attorno ad un lago alpino, centinaia di migliaia di persone ogni anno, concentrate in due mesi estivi e due invernali. Tutti in fila, per il selfie di rito accanto alla palafitta.
A Braies ci sono quattro enormi parcheggi, l’ultimo dei quali a tre chilometri dal lago. Sulla strada che sale al piccolo paesello c’è una sbarra che nei periodi estivi viene chiusa per bloccare il flusso delle auto. A otto chilometri dal lago.
E’ bello il Lago di Braies. Si, è bellissimo ma ormai invivibile, se non fuori stagione. E’ bellissimo come lo è il lago di Dobbiaco, di Misurina, di Anterselva…che però non hanno la palafitta finita in una serie tv.
Ma allora oggi chi va in montagna, ama la montagna? Non lo sappiamo, ma di sicuro non la conosce. Come possiamo dirlo con tanta sicurezza? Bata guardare come la maggior parte delle persone ci va vestita. Anzi, più facile ancora: basta guardare le scarpe.
A Braies ci siamo stati il 25 aprile, in un periodo che per l’Alto Adige è praticamente morto. Il momento migliore!
Poche decine di persone, sentiero, ancora quasi del tutto ghiacciato e piccoli gruppi di persone con turisti con borsette firmate, qualche vestitino corto, scarpa da tennis bassa e liscia, stivaletto in cuoio o addirittura le clarcks (ovviamente inzuppate nella neve!). E scivoloni da film comici anni Settanta. Che finchè scivoli, sbatti il culo e ti rialzi va bene, ma se invece deve venirti a prendere l’elicottero ci anche che ti presentino il conto.
E allora in Alto Adige c’è ancora la montagna? Si, c’è ancora. Ma bisogna andarsela a cercare, evitando le masse in delirio da selfie. Bisogna fare fatica, sudare qualche ora arrampicandosi lungo sentieri ripidi, attrezzarsi per bene e allenarsi prima di partire.
L’Alto Adige è celebre per i suoi rifugi, dove si gode il silenzio della Natura e i panorami così belli da non saperli nemmeno descrivere. Ma vanno guadagnati. E chi arriva il al Rifugio Tridentina (5 ore di camminata da Casere), di sicuro non ordina uno spritz per farsi un selfie.
Allora, per concludere la riflessione, chi ama la montagna, chi ama l’Alto Adige, ama i garni con le stanze in legno. Ama i knodel e kaiserschmarren, i sentieri tra i ruscelli e il silenzio delle vette.
Ecco, bravo fenomeno! Sei stato in Alto Adige in un hotel di lusso e adesso critichi chi ci va. Ipocrita!
Ho quasi cinquant’anni (oddio che brutto effetto scriverlo…) e la prima volta che ho messo inconsapevolmente piede in Alto Adige, avevo tre mesi di vita. E ho sempre ringraziato i miei genitori per avermi portato ogni anno della mia vita, estate ed inverno, e per avermi fatto conoscere una terra incantevole. Io l’ho fatta conoscere alla mia famiglia e ci portiamo i nostri figli ogni anno, estate ed inverno. Da sempre.
Andateci, in Alto Adige. Mettete gli scarponi e fate fatica. Godetevi il silenzio delle montagne e osservate le vette. Ne tornerete innamorati.