Un viaggio in Bolivia inizia molto prima di partire.
Inizia quando decidi di andare a sbattere contro il Sud del Mondo, quando inizi a chiederti perché parti. Quando ti rendi conto che non sai cosa aspettarti e che molte delle tue certezze di occidentale vacillano.

Vacillano sotto le frustate del vento gelido che arriva dalla Pampa Argentina e della sabbia negli occhi e in gola; vacillano di fronte un piatto di carne secca di lama e nei sorrisi dolci dei bambini…

Descrivere il Plan Tres Mil è impossibile.
L’alternanza di sorrisi e lacrime è costante e confonde le idee, sovrappone i pensieri.

Qualche immagine può uscire, alla rinfusa, ma nessuna parola può raccontare i colori dei mercatini brulicanti di gente, le risate e le capriole dei bambini, gli odori della carne asada e degli scarichi a cielo aperto o i sapori dei cibi improponibili…

E’ il Sud del Mondo, che ti riempie gli occhi di sabbia per mostrarti “l’altra prospettiva”. Quella lontana dal nostro primo mondo, quella piena di problemi che noi non ci siamo mai posti. La prospettiva di chi è costretto a lottare duramente. Per sfamarsi.

… e non c’è garanzia di riuscirci…

La prospettiva è quella di Brian, 5 anni, che racconta di come il patrigno lo picchia.

Di Veronica, 11 anni, che da tre giorni non mangia per accudire il fratello di tre mesi, figlio di una madre che non si vede mai.

Quella di Sarita, 5 anni, costretta a fare il misero bucato dei suoi unici due vestiti, perché la nonna con cui vive è di nuovo incinta.

Queste e molte altre sono le frustate del vento che non ti abbandona mai; sferzate di un posto dal quale è difficile staccarsi.
E se te ne stacchi, lo fai con le lacrime agli occhi.

La vita qui ha un’intensità e una profondità unici”. Così ci ha detto il sorriso rassicurante di quel prete salesiano, arrivato trent’anni fa e ora diventato Vescovo.

E quindi, per vivere quell’intensità, abbiamo stretto decine di mani e ricambiato sorrisi, abbracciando forte… non sappiamo nemmeno chi!!

Dal Plan Tres Mil porti a casa il significato di molte parole.
La più intensa che abbiamo apprezzato è “compartir”.

Il vocabolo italiano che più somiglia è “condividere”, ma qui ha un significato più fraterno. La misura ce la danno due amici che giocano l’ennesima partita di calcetto della serata. L’ennesima serata passata al campetto di questo quartiere periferico di 250 mila abitanti. Due amici: uno con le scarpe, uno in ciabatte.

Compartir” significa che uno ha giocato con la scarpa destra e l’altro con la scarpa sinistra…

Questa è l’umanità che ti travolge, al Plan Tres Mil.
E’ Veronica che ti abbraccia forte, ringraziandoti di averle fatto giocare una partita con uno scassato calcio balilla di legno.

E’ Reina, 4 anni, che sorridendo felice infila le mani nel tuo piatto di riso per “compartir” il tuo pranzo… e quando la mamma la chiama , si porta via il piatto e la bottiglia di aranciata che ti eri… pardon… che “le avevi comperato”!

Come si fa a non essere felici al Plan Tres Mil??

Nei visi di questa gente, in effetti, è difficile scorgere sconforto, rabbia o tristezza. Forse ha ragione Maria, che con il marito David gestisce l’asilo del quartiere: “In Bolivia tutti sorridono perché tutti donano. E chi dona è felice”.

Potremmo raccontare mille altri episodi e mille lacrime e sorrisi che il mese al Plan ci ha regalato, mille pensieri e immagini, senza dare il senso delle sensazioni vissute.

I bambini che ogni giorno ci correvano incontro per avere una carezza o un abbraccio, sono gli stessi che ci ringraziano per quanto abbiamo fatto per loro.

Ma in realtà sono loro che hanno fatto tanto per noi.
Regalandoci il loro punto di vista, la loro prospettiva della vita.
Facendoci condividere le loro lacrime e i loro sorrisi, le loro difficoltà e la loro serenità. Ci hanno arricchiti di tutta l’umanità che solo il Sud ti può offrire.

Quell’umanità che, una volta conosciuta, ti lega per sempre a quei luoghi…

… e ti resta tanta voglia di tornare…

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