Credo di aver capito cosa amo del viaggiare. Ci sono voluti anni; Paesi, libri letti e foto scattate. Ci sono volute esperienze, onde dell’Oceano e paure. Mani e sorrisi e cibi piccanti. Ci sono voluti chilometri.
Forse c’è voluto anche sbattere contro i social network. E anche un po’ di nausea da social, con la loro spudorata finzione a volte addirittura grottesca. Anni di post, di tweet, di reels.
Qualcuno, sull’ennesimo inutile social, chiedeva: “Il fatto di pubblicare su blog e social ha cambiato il tuo modo di viaggiare?”. Seguivano sterili polemiche feroci, con relativi insulti.
Si. Purtroppo. Chi lo nega, mente.
Oggi i social hanno definitivamente snaturato l’approccio con il viaggio, con l’esperienza e con il modo di raccontare. Prendete la home page di qualsiasi blog (compreso questo) e troverete una sequenza poco fantasiosa di “cosa vedere a Londra”; “cosa vedere a Roma”; “cosa vedere a Parigi”… o le altrettanto scontate “5 cose da fare a” o “5 cose da sapere”.
Ma possibile che si debba partire già sapendo tutto? Avendo già visto tutto?
Poi magari il contenuto dei post è anche di qualità (sempre più raramente, per la verità…) ma non c’è dubbio che chi scrive lo faccia per farsi leggere. Considerazione fin troppo banale, scusate.
“No, non è vero! Io scrivo solo per il gusto e il piacere personale di scrivere!” (sempre sull’ultimo inutile social). Seguono sterili polemiche feroci, con relativi insulti.
Si, ok ti piace raccontare. Anche a me piace raccontare, ma quando pubblichi devi imbottire il post di parole chiave, sennò non ti trova nessuno. E allora sarebbe come raccontare a te stesso, davanti allo specchio. Un bell’esercizio di stile, ma inutile. Quindi questo è un influenzamento? Si, lo è.
“Eh, ma oggi il pubblico vuole questo!” Si, è probabile. Prova ne è il fatto che ti puoi impegnare a scrivere un post emozionale, distribuendo la giusta dose di informazioni utili, lasciando un velo di mistero che vuole suscitare curiosità, scegliendo con cura le foto…per poi scoprire che il tuo post più letto è “Le cinque osterie dove mangiare le trippe a Roma”.
Fatemi fare due considerazioni. La prima è molto rapida: sapere tutto toglie mistero e alla lunga, anche curiosità. Ormai di qualunque meta al Mondo, si sono già viste mille foto e letti altrettanti post. Senza incognita non c’è curiosità e senza curiosità non c’è esperienza.
Qualcuno scriveva di aver visto talmente tante foto di Petra che, quando si è trovato davanti al celebre portale, non ha provato alcuna emozione. Bè, io ne ho provate eccome, per fortuna. Forse perché il mio livello innato di curiosità è incommensurabile! Il sito di Petra è uno dei più belli che abbia mai visto al Mondo, insieme al Machu Picchu, al Cristo di Rio, a Mont Saint Michel, al Taj Mahal, all’Opera House di Sydney. Così come mi emoziono ogni volta che passeggio per via dei Fori Imperiali a Roma. Ma mi rendo conto che è del tutto soggettivo.
Seconda considerazione. “Le 5 cose da sapere” può anche essere un post utile, se scritto bene, ma spesso ne va della qualità dei contenuti. Informazioni mordi e fuggi. In sei ore ti faccio vedere Parigi. in tre giorni tutta l’Olanda. E poi finisci che il tuo prossimo viaggio sarà così come scegli di descriverlo. Sei città in tre giorni, due ore a meta, quattro post sul blog. Pochi ricordi, zero esperienze. Qualche sponsorizzazione, 100€ a post con un link ma “mi raccomando, non scrivere che è sponsorizzato”. No, grazie. Non mi interessa questo.
Domanda su un social. “Meglio una settimana in un resort di lusso o un mese on the road?”. Seguono sterili polemiche feroci, con relativi insulti.
Ma che domanda è? Ne abbiamo conosciuta tanta di gente così. Tredici ore di volo, villaggio “trattamento vip” (che vorrà dire, poi?), cuoco italiano, spaghetti scotti, piscina, volo di ritorno. Nemmeno la più pallida idea di cosa ci fosse fuori dal cancello del villaggio.
Si, è vero, chiedo scusa: ognuno viaggia come vuole, va dove preferisce e sceglie la sua zona di confort. Ci mancherebbe altro!
Però se viaggi per pubblicare le foto del resort di lusso, forse perdi un pezzo del viaggio: le persone, la vita vera, la curiosità.
E anche l’etica. Si, credo ci debba essere anche un’etica nel raccontare. O meglio: ci deve essere se il viaggio e il racconto che ne scaturisce sono un piacere. Sennò diventa una rincorsa al farsi offrire una cena e a scrivere che hai mangiato bene. Sempre e comunque. No, non è questo il viaggio. Non il mio, per lo meno.
Altro post su un social, con dose di malcelato sarcasmo: “Vi svelo un segreto: non è che se viaggi con lo zaino, non ti fai la doccia e ti vesti come uno straccione, allora il tuo viaggio è meglio del mio che vado nei resort di lusso”. Seguono sterili polemiche feroci, con relativi insulti.
Premessa doverosa: tra il non farsi la doccia e il resort di lusso ci sono molte vie di mezzo.
Pensiero personale: vuoi viaggiare o vuoi farti una vacanza in un posto bello? Non c’è una risposta giusta, sono solo scelte personali, ma tra le due cose c’è una gran bella differenza.
Se vuoi la vacanza nel posto bello vai al resort in riva all’Oceano indiano, ti metti il vestitino fashion per la cena a base di spaghetti, tracanni gin tonic e sei felice. E va benissimo così, perché questo è quello che volevi! Poi torni a casa e non sai nemmeno che lingua si parlasse nel Paese in cui hai messo piede ma, ripeto, va bene così perché non ti interessava saperlo. Sono scelte personali più che legittime!
Se vuoi viaggiare per curiosità, per conoscere e fare esperienze allora fai chilometri di strade spesso sterrate, ti sposti in pullman, mangi nei mercati, stringi mani (a volte sporche) e ascolti storie in lingue sconosciute. Poi arrivi al tuo hostal color pastello, a tre stelle, e ti fai la doccia. E quando torni a casa hai molto da raccontare.
E’ questo il modo migliore di viaggiare? Per me si, ma rientra nella sfera legittima delle scelte personali.
Per me il senso del viaggio è soddisfare le mille curiosità; vedere cosa c’è di là del mare; provare a capire una lingua nuova e un pensiero diverso dal mio. E’ il pulsare di sensazioni che sta nel muoversi.
La meta la osservi, la ammiri, ti piace e a volte ti emozioni. Il viaggio, lo spostamento, l’esperienza li vivi. Ecco cosa mi piace del viaggio: lo spostamento.
I chilometri che scorrono e che sono tuoi e solo tuoi. I momenti che, per quanto potrai essere bravo a raccontare, rimangono per lo più nei tuoi occhi.
Lo spiega bene, in una sola frase, il celebre filosofo contemporaneo Alessandro Aleotti (!!!):
“Tutto questo sbattimento per far foto al tramonto che poi, sullo schermo piatto, non vedi quant’è profondo”.