Lo ksar è una cittadella fortificata tipica del Marocco meridionale.
Ha alte mura, torrette di avvistamento e portoni d’accesso. Dentro ci sono le case, i magazzini e tutto quello che serve a far funzionare una piccolo paese. Il periodo degli ksar è il Seicento.
Quindi, che c’è di strano?

Nulla, se non fosse che è interamente costruito con il fango!

Siamo sulla “strada delle mille Kasbah”; abbiamo da poco valicato il Monte Atlante. La strada che arriva da Marrakech verso Ouarzazate si è arrampicata tortuosa fino ai 2300 metri del passo, ma il monta svetta più alto di altri 2 mila metri. 190 chilometri che si percorrono in 6 ore, per la cronaca…
La discesa è meno impegnativa e porta verso un panorama completamente diverso.

Intorno abbiamo terra rossa. Colline che sembrano messe di li da qualche bambino rovesciando il secchiello della sabbia. Accanto alla striscia di asfalto scorrono case, baracche, piccoli centri dove ognuno tenta di vendere qualcosa: cibo, minerali, ciotole di terracotta, tappeti.
Ma soprattutto accanto a noi scorre uno dei panorami che immaginavamo solo nelle fiabe di Aladino: le oasi di palme.

Accanto alla strada c’è un piccolo fiume. E’ poco più di un torrente ma è quanto basta a far crescere gruppi di palme, erba verdissima, alberi da frutta. Un contrasto rigenerante per il terreno, ma anche per l’anima.
Come quando gli esploratori attraversavano il Sahara e dopo tanta, troppa sabbia vedevano la chiazza verde in lontananza. Questa era la via carovaniera per Marrakech, arrivando dal deserto.
Poi qualcuno si è fermato, ha costruito qualche kasbah in fango, ha iniziato a piantare palme da dattero, albicocche, mandorli e tamarindi. Queste le coltivazioni che rendono di più nei palmeti.

Chilometri di chiazze verdi ci accompagnano fino al bivio per Ait Ben Haddou.

Appena nove chilometri di deviazione per arrivare ad uno dei siti più famosi, visti e fotografati del Marocco.
Patrimonio Unesco dal 1987 è talmente incantevole da essere stato scelto per moltissimi film. “Il tè nel deserto”, “L’ultima tentazione di Cristo”, “il Gladiatore”…solo per citarne alcuni.

r

Alla cittadella si accede attraversando il letto del fiume. Nella maggior parte dell’anno è in secca, ma durante il nostro soggiorno in Marocco ha piovuto perfino qui…

Attraversiamo il torrente saltellando su sacchi di sabbia e varchiamo il portone principale.

Subito si entra in uno slargo tra le costruzioni. Una sorta di piazza sulla quale si affaccia un grande magazzino, ma soprattutto l’abitazione principale dell’intero ksar. Un castello alto diversi piani, interamente in fango, sassi e paglia.

Ci raccontano che man mano che la costruzione saliva, lo spessore del fango doveva assottigliarsi per permettere alla base di reggere il peso. Le finestre e le decorazioni ai piani più alti avevano lo scopo di assottigliare la parte, oltre che estetico.

Dalla piazza partono una serie di stradine strette tra le case; si sale verso il punto più alto della colline, tra qualche piazzetta che spunta all’improvviso, qualche saliscendi che collega le terrazze, un po’ di gradini…

All’interno del villaggio ormai non abita più nessuno e tutto ruota intorno al turismo. Si trovano alcuni bar con terrazze da cartolina, qualche artista che dipinge ancora con i colori naturali, ma soprattutto i mercanti. Una costante che accompagna durante tutto il viaggio, in Marocco! Anche qui espongono i loro tappeti colorati, il vasellame decorato, le spezie…

Entriamo in una casa, attratti dalla curiosità di capire meglio come venivano costruite. La miscela di fango e paglia è resistentissima, al punto da sorreggere grandi travi in legno che, a loro volta, sorreggono ancora uno o più piani. E poi c’è il tetto. Ci spiegano che il tetto ha uno strato fittissimo di canne di bambù, sopra al quale si trova uno strato di foglie di palma intrecciate strettissime. Una vera e propria guaina perfettamente impermeabile. Da ultimo, lo strato di fango. Un sistema totalmente naturale e probabilmente molto più efficace di tante costruzioni moderne!

La visita allo ksar dura un’oretta circa. Calcolate magari mezz’ora in più se volete salire fino al punto più alto. Ad Ait Ben Haddou il tempo è un concetto molto relativo. Qui non ci sono grandi cose da fare: solo stupirsi di come l’ingegno umano abbia saputo costruire una città con scarsissime risorse; ammirare i panorami tra deserto e palmeti…

…e sognare storie di mercanti, cammelli e caravanserragli sorseggiando un tè alla menta.

Qualche informazione di servizio:

Ait Ben Haddou si trova a 9 chilometri dalla strada principale per Ourzazate. Lungo questa strada partono diverse piste che si inoltrano sul terreno desertico. A meno che non abbiate un fuoristrada (o un cammello!) rimanete sulla via principale fino alla grande rotonda di Tabourahte dove troverete il bivio. La strada è tutta asfaltata e non ci sono problemi di percorribilità.

Arrivati ad Ait Ben Haddou si può parcheggiare lungo la strada. Sicuramente qualche “addetto ai controlli” si avvicinerà con il suo bel giubbino fluorescente. Vi chiederà 10 dirham per ogni macchina. Sono circa 0,8€…ed è un modo per guadagnare qualcosa!

L’accesso alla cittadella costa 10 dirham

All’interno troverete qualche bar e dei negozi. Tenete presente che questo è un posto molto turistico, quindi forse non è il migliore per fare affari se volete comprare qualcosa!

Lungo la strada ci sono diversi ristoranti dove pranzare, quindi non avrete problemi se cercate cibo o acqua. Di sicuro non è il posto migliore dove abbiamo mangiato: probabilmente anche in questo caso il grande afflusso turistico non migliora la qualità dell’offerta.

Per evitare la ressa di turisti vocianti (tenete presente che qui la maggior parte delle persone arriva con i bus da Marrakech, in giornata) dormite in zona e andate al mattino presto o verso il tramonto.

Noi ci siamo arrivati poco prima di pranzo (quindi l’orario peggiore!) ma siamo stati fortunati perché la giornata di pioggerellina ha evidentemente scoraggiato la maggior parte delle persone!

Write A Comment