“Oddio ma cosa avete mangiato?”
Questa è una delle più classiche domande appena tornati da un viaggio in giro per il Mondo!
E se poi viaggi con i bambini la variante diventa: “ma i bambini?! Cos’hanno mangiato?”
Un po’ come se i bambini, fuori dai confini nazionali senza tortellini, spaghetti e pizza proprio non sapessero come sopravvivere!
Poi spieghi che, alla peggio, esistono i panifici in tutto il mondo, gli animi si rasserenano compiacendosi della sopravvivenza dei nostri figli. E soprattutto rientra immediatamente il rischio di essere segnalati ai servizi sociali!
Così sei finalmente libero di raccontare di quella moussaka in Grecia che ti ha fatto impazzire, quella fajitas in Messico o di quella feijoada a Rio che proprio non te la scordi.
Allora subentra la seconda, immancabile e saggia considerazione.
“Si, si…buono, per carità. Eh, ma come si mangia in Italia…”
Già, “come si mangia in Italia” non si mangia da nessun’altra parte al Mondo!
Probabilmente è vero che il nostro Paese spicca per varietà di cucine, di sapori e di abilità nel preparare piatti deliziosi. Dall’Alto Adige a Lampedusa è un tripudio di sapori, profumi e colori…
E allora sapete che facciamo?!
Un giro d’Italia a tappe, di Regione in Regione, a vedere un po’ cosa si mangia di tipico.
Certo non riusciremo a rappresentare tutti i piatti regionali e sicuramente dimenticheremo qualcosa di imperdibile, ma vogliamo raccontare solo quelli che abbiamo assaggiato.
(E soprattutto…ehm… quelli di cui abbiamo le foto!)
Non ce ne vogliano quindi gli appassionati di cucina e i food blogger: è un elenco parziale e impreciso, ma ad ogni foto associamo la gioia di un viaggio…e una soddisfatta digestione!
Ora, per raccontarvi circa un’ottantina di piatti, da dove iniziamo?
Dai, andiamo in ordine da nord a sud, così ci togliamo il pensiero!
Iniziamo dal Trentino – Alto Adige!
A queste latitudini ci sono alte montagne, neve e freddo piuttosto pungente.
La cucina qui parla già tedesco e i sapori sono quelli delle carni affumicate, dello speck, del rafano e dei formaggi d’alpeggio accompagnati dallo schuttelbrot, la schiacciata di pane nero di segale.
Del resto, quando arrivi ad una malga o ad un rifugio dopo qualche ora di camminata, non è niente male un antipasto così, per ingannare l’attesa…
L’attesa, dicevamo. Di cosa?! Ma dei knodel, naturalmente!
I canederli sono un piatto povero, le cui origini si perdono nei secoli.
Nascono in Baviera e si diffondono poi in tutte le zone d’Europa di influenza germanica, fino al Trentino.
Sono palline di pane raffermo ammorbidito nel latte, farcito con cubetti di speck o di carne affumicata e amalgamato con uova. Una sorta di rimedio per non buttare gli avanzi, quindi!
Sembra che i canederli fossero una pietanza che già si preparava intorno all’anno 1000.
Infatti, pensate un po’, in una Cappelletta del Castello di Hocheppan, vicino Bolzano si trova un ciclo di affreschi datato intorno al 1100, nei quali compare la raffigurazione di una cuoca che sta cucinando 5 canederli in un pentolone.
Oggi sono uno dei piatti più comuni in Trentino – Alto Adige e tra quelli più apprezzati. Ce ne sono diverse varianti e con molte farciture. Vengono serviti in brodo oppure conditi con burro e salvia.
Le evoluzioni storiche hanno fatto anche produrre canederli dolci farciti con albicocche o prugne, ma noi preferiamo quelli salati!
Ecco la ricetta per preparare i canederli
Quando avrete finito di assaggiare tutti i tipi di canederli, potete passare agli spatzle!
Un tipo di pasta dalla forma stretta ad allungata, fatta con formaggio o spinaci (in tal caso ovviamente sono verdi!) che in Germania, dove nascono, vengono serviti con la carne e servono per assorbirne il sugo. Un sostitutivo del pane, in pratica!
In Alto Adige vengono serviti come primo piatto conditi con burro e speck o con panna e funghi. Deliziosi e, neanche a dirlo, molto nutrienti!!
Anche in Trentino si trovano, ma nella versione agli spinaci e dalla forma un po’ più grande e vengono chiamati “strozzapreti”.
Ecco una ricettina facile facile…
Possiamo passare al dessert, vero?
Anche perché ci sono dolci straordinari da assaggiare in Alto Adige!
Lo strudel, per esempio.
Questo rotolo di pastasfoglia ripieno di mele, noci, uvetta…e tutto quello che vi viene in mente, sembra che abbia origini antichissime, ma soprattutto in zone del Mondo molto lontane dall’Alto Adige.
Un dolce simile sembra sia nato addirittura in Mesopotamia e che da lì sia arrivato in Grecia, dove però si produceva con la pasta fillo. La baklava, dolce di tradizione islamica, ripieno di noci, pistacchi e coperto di miele venne importato fino in Ungheria, durante la dominazione ottomana.
Da qui all’Austria il passo è breve, così come l’evoluzione da pasta fillo e pistacchi e pastasfoglia e mele, di cui il territorio del Trentino Alto Adige è ricchissimo.
Oggi lo strudel viene proposto in due versioni: le pasticcerie lo preparano di pastasfoglia, mentre nei panifici dell’Alto Adige lo potete trovare anche di pastafrolla. In ogni caso, una meraviglia!
Conoscete la Kaiserschmarren?
Se non la conoscete, la dovete provare, nelle prossime vacanze in Alto Adige!
E’ una frittata dolce, con latte, farina e strutto tagliata a listarelle e farcita con marmellata di mirtilli o di prugne. Piatto povero anche questo, le cui origini nemmeno si conoscono con precisione.
Di sicuro però è nato in Austria ed ha avuto grande successo alla corte di Franz Josef I.
Bene, ora che siamo arrivati al dolce, possiamo lasciare il rifugio e scendere un po’ a sud, verso il Trentino.
Anche qui la cucina ha subito forti influenze tedesche che si ritrovano sulla tavola, ma vogliamo raccontarvi un piatto caratteristico nato nell’estremo sud di questa Regione: la Carne Salada.
Questo salume nasce nel Medioevo, nei piccoli borghi dell’alto Lago di Garda, e la sua curiosa lavorazione deriva dalla necessità di conservare i tranci di carne bovina.
La carne viene sfilettata di tutto il grasso, fino ad ottenere un blocco completamente magro, che viene cosparso di sale, e un mix di spezie e conservato al buio e a temperatura costante per 3/5 settimane.
Dov’è la cosa curiosa? Bè, che i blocchi di carne devono essere massaggiati ogni due, tre giorni!
Già…massaggiati! Questo per mantenerla morbidissima e fare in modo che si possa mangiare anche cruda, carpaccio!
Si accompagna, sia cruda che cotta, con i fagioli.
Lasciamo il Trentino Alto Adige e varchiamo i confini con il Veneto.
Ce lo facciamo un aperitivo con spritz e cicchetti veneziani?
Il più famoso aperitivo veneto, lo spritz, sembra che abbia origine durante l’occupazione austriaca del Veneto. Si dice infatti che i soldati tedeschi non fossero abituati alle alte gradazioni dei vini veneti e che quindi li allungassero spruzzando (“spritzen”, appunto) selz o acqua minerale.
Poi l’evoluzione ha sostituito l’acqua minerale, con altri alcolici dalla gradazione più elevata…perché da queste parti il grado alcolico non è mai troppo!
Per quanto riguarda i cicheti, l’origine si perde nella Venezia della Serenissima, quando si era soliti accompagnare “l’ombra de vin” con piccoli assaggini di cibo.
Oggi i cicheti sono piuttosto di moda tra i bàcari veneziani a hanno preso diverse forme: crostini, pezzetti di polenta abbrustolita o fritta, spiedini di pesce… insomma: un trionfo di fantasia!
Ne abbiamo parlato, raccontando le origini di questa tradizioni veneziane in “Venezia di squeri, bàcari e ombre”
Passiamo ai primi piatti?
L’entroterra veneto è ricchissimo di piatti che nascono poveri e sono poi diventati famosi. Piatti per lo più adatti alle rigide stagioni invernali. Piatti conditi ed energetici…si, insomma: se volete assaggiare la cucina veneta, meglio lo facciate in inverno!
Iniziamo con un bel piatto di gnocchi di malga?
Sono tipici delle montagne della Lessinia, nel veronese e sono fatti semplicemente di acqua e farina. Vengono conditi con abbondante ricotta affumicata e burro di montagna. Oppure oggi, visto che sono diventati un piatto da gourmet, con il tartufo!
Un piatto solo, mi raccomando, altrimenti rotolerete dalla sedia!
Se volete proseguire con i primi, vi proponiamo il “nodo d’amore”. Sono dei tortellini di sfoglia finissima, ripieni di carne e sono originari di Valeggio sul Mincio, in Provincia di Verona. Abbiamo raccontato la loro origine e la leggenda che ne vede la nascita, in “Borghetto: tutta la magia dell’acqua”.
Bè, a questo punto finiamo i primi con una bella ciotola in terracotta, piena di “pasta e fasioi”!
In Veneto si coltivano moltissimi tipi di fagioli e quindi questo piatto accompagna da sempre le cene delle notti invernali.
Come dite? Non siete sazi? Ottimo, allora assaggiamo un secondo!
Vi proponiamo un bel cotechino con la pearà.
Un piatto invernale che caratterizzava il pranzo della domenica nelle campagne del Veneto.
Il noto salume viene tuttora accompagnato da una salsa che si prepara (e conosce) solo a Verona: la pearà.
E’ fatta di pane raffermo grattuggiato, brodo, parmigiano e abbondante pepe, da cui il nome che, in dialetto, significa “pepata”.
Rimanendo in tema di secondi piatti, sapete che uno dei più famosi secondi a Verona è la “pastissada de caval”?
E sapete che la sua origine si deve nientemeno che ad una battaglia storica?
Era il 489 quando l’esercito del Re d’Italia Odoacre affrontò l’esercito degli Ostrogoti, capeggiati da Teodorico. Erano alle porte di Verona, dove in una grande spianata di tenne una delle più feroci battaglie dell’epoca. Morirono tantissimi uomini e centinaia di cavalli.
La popolazione non se la passava tanto bene in quell’epoca e perciò venne chiesto al vincitore Teodorico, la possibilità di cucinare i cavalli. Per consentire una lunga conservazione, ebbero un’idea: macerare la carne nel vino e nelle spezie, prima di cuocerla a stufato. Nacque così lo stracotto di cavallo, detto “pastissada”, che ancora oggi, prima della cottura, prevede la macerazione della carne per 24 ore nel vino rosso.
Facciamo un salto in Friuli?!
Qui vi proponiamo il piatto più famoso della Regione: il frico con la polenta.
Un piatto originario della Carnia, il frico è fatto con formaggio Montasio, patate e cipolla cotti insieme in padella.
Ne esce un disco compatto, spesso e più o meno morbido (a seconda della quantità di formaggio) che ben si accompagna con la polenta.
Il frico sarebbe un piatto unico, ma si può trovare servito anche come antipasto, magari insieme a del salame fresco cotto nell’aceto (altra tipicità friulana) e al celebre prosciutto di San Daniele.
Attraversiamo di nuovo rapidamente il Veneto per entrare in Lombardia
Anche qui, come in tutto il nord, la cucina è fortemente condizionata dal clima e nei piatti finiscono pietanze poco adatte ai torridi pranzi estivi!
Possiamo iniziare con dei tortelli di zucca mantovani. Lo sapevate che nel ripieno, oltre alla zucca, ci sono la mostarda e gli amaretti? Questi ultimi due ingredienti danno al piatto il loro caratteristico sapore dolce.
I tortelli di zucca si condiscono con burro e salvia.
Spostandoci un po’ più ad ovest possiamo assaggiare i casoncelli alla bergamasca. Un raviolo di pasta spessa, ripieno di pasta di salame, manzo e spezie e condito con burro e pancetta croccante.
Sono un piatto delizioso, soprattutto quando c’è tanta nebbia e freddo pungente! E parecchio vino rosso…
Un po’ più a nord ovest troviamo ancora più freddo e un piatto ancora più saporito e condito: i pizzoccheri!
Lunghe listarelle di pasta di grano saraceno con verza, patate, formaggio fuso e burro fuso.
Serve aggiungere altro?!
Piuttosto è ora di passare al secondo!
E cosa si può provare in Lombardia se non la vera costoletta alla milanese?! Notare bene la “S”: costoletta, e non cotoletta!
Quella della ricetta originale, è una costoletta di vitello che viene impanata e fritta nel burro.
Mi raccomando: nel burro, e non nell’olio!
Un dolcetto ci sta, vero?!
Allora in Lombardia non potete non assaggiare la sbrisolona!
Un dolce povero, grossolano fatto con polenta gialla, burro e mandorle. Dalla veloce lavorazione ne esce un disco che non si può tagliare a fette. La caratteristica della sbrisolona infatti è che viene servita a pezzi rotti con le mani (a volte si serve prendendola a pugni!) e soprattutto innaffiata di abbondante grappa!
L’ideale per digerire, non trovate?!
Direi che per il momento abbiamo assunto abbastanza calorie e possiamo chiudere la prima tappa tra i sapori tipici regionali del nostro Paese.
Magari ora riallacciate la cintura dei pantaloni e fatevi una passeggiata.
Tutto questo colesterolo, in qualche modo, lo dovremo pur smaltire!
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Dopo questa lettura mi tocca fare 2.000 giri dell’isolato per digerire, non basta una grappetta questa volta! Poi, però, prendo la macchina e vado in Alto Adige per ri-assaggiare tutte quelle bontà! 🙂