Che Venezia non sia una città normale è risaputo!
Costruita su milioni di pali piantati nella laguna, da sempre strenua combattente tra onde e “acqua alta”, non avrebbe mai potuto essere una città “normale”. E i suoi abitanti, da secoli vocati a commerci e viaggi verso Oriente, come potrebbero aver sviluppato una città come le altre?!

Eh, già: Venezia è decisamente originale.

Grazie ad una collaborazione con Hotels.com (a proposito: per trovare un hotel a Venezia, date un occhio a questo link!) siamo andati alla ricerca di qualche aspetto particolare e meno noto di Venezia, da raccontarvi. Del resto, tutti conosciamo Piazza San Marco, la Basilica di Santa Maria della Salute, il Ponte dei Sospiri…

Allora abbiamo deciso di andare per Calli e Campielli a cercare un po’ di tradizione veneziana.

A proposito: lo sapete vero che a Venezia anche la toponomastica è unica e originale?!

I quartieri sono i “sestieri”, le vie si chiamano “calli” e le piazze sono “campi”, mentre se sono piccoline diventano “campielli”. Poi ci sono le fondamenta e le salizade, e passeggiando in città sicuramente percorrerete qualche rio terà e moltissimi sotoporteghi
Ma così andiamo troppo sul difficile!

Allora vi raccontiamo solo di Squeri, Bàcari e Ombre. Quella tradizione veneziana che resiste ai secoli…

E qual è simbolo di Venezia più famoso al Mondo, se non la gondola?
L’origine del suo nome è ancora sconosciuto, mentre la sua storia racconta di sfarzo ed eleganza, di ingegnose modalità costruttive e tecniche di voga uniche al Mondo.

Pensate che le gondole sono nere in seguito ad un decreto del 1562: prima infatti le famiglie nobili gareggiavano nel rendere il parecio della propria gondola, ovvero le decorazioni, più appariscente possibile, ornandola d’oro e di colori sgargianti.
Un po’ troppo per la raffinatezza del Doge che decise così di uniformare le gondole all’unico modello nero che ancora oggi consociamo. Una sorta di democrazia della gondola, insomma!

E Venezia esprime la sua originalità…o la sua follia, anche nella forma della sua più celebre imbarcazione.

Lo sapete infatti che è asimmetrica? La parte destra è più larga della sinistra di circa 25 centimetri. Una barca fuori asse, praticamente!
In realtà il motivo è frutto di un ingegnoso ragionamento. Il gondoliere deve “vogare” (già…la gondola non si rema, si “voga”) da solo, a poppa, dal lato sinistro dello scafo e con il remo a destra. Con questa tecnica, una barca simmetrica non potrebbe mai andare dritta!

E poi per costruire una gondola servono 8 tipi di legno diversi, a seconda della parte dello scafo e delle caratteristiche necessarie (l’abete, più scorrevole, per il fondo; il rovere più duro e resistente per i fianchi; il noce, più flessibile, per le cornici…)
Per costruire le gondole servivano quindi degli artigiani abilissimi e molto specializzati.

Nacquero così gli squeri: laboratori specializzati nella costruzione delle gondole.

La squara (ovvero la squadra) era l’attrezzo indispensabile per i maestri d’ascia e sembra che il nome squero derivi proprio da qui. I maestri d’ascia arrivavano, in origine, dalle montagne del Veneto e scesero a Venezia a cercar fortuna sfruttando la loro abilità nel lavorare il legno.

Anche gli squeri erano originali e diversi dal resto dei palazzi veneziani: erano bassi e avevano una rampa d’accesso al canale, per movimentare le barche. Alle spalle della rampa c’è il laboratorio, sopra il quale si trovavano la abitazioni degli squeraroli.

Le costruzioni degli squeri sembrano ricordare un po’ le case alpine. Secondo alcuni è solo una questione di ottimizzazione degli spazi tra laboratorio e abitazione, ma secondo altri vennero costruite così per ricordare le case d’origine degli artigiani.

Oggi rimangono attivi tre squeri a Venezia. I due più famosi si trovano nel sestiere Dorsoduro e sono lo squero Tramontin, attivo da fine 800 e di proprietà della stessa famiglia fin dalla fondazione, e lo Squero di San Trovaso, attivo da metà del 600 e oggi di proprietà del Comune di Venezia.

Ah, dimenticavamo…conoscete il significato del grande ferro ornamentale a prua della gondola, vero?!
Ogni angolo, ogni curva e dettaglio hanno un preciso riferimento alla città di Venezia.
Proviamo a riepilogarlo con la foto…La grande parte ricurva in alto riprende la forma del cappello del Doge; subito sotto, prima delle sei listarelle metalliche, la piccola semisfera rappresenta il Ponte di Rialto e il bacino di San Marco.

Le sei listarelle sono i sestieri della città, mentre le tre punte rappresentano le tre più celebri isole della laguna: Murano, Burano e Torcello.

La grande S che si forma dalla punta del “cappello del Doge” fino alla parte inferiore dello scafo, rappresenta la forma del Canal Grande. Tutta l’unicità di Venezia, nel suo simbolo più celebre. Ora che vi abbiamo raccontato lo squero, non trovate sia il momento di un’ombra?

A Venezia il calice di vino da osteria si chiama ombra e questo curioso nome deriva da una abitudine molto concreta che si perde nei secoli.
Un tempo infatti Piazza San Marco era occupata dai mercanti che vendevano le loro merci. Tra questi c’erano i vinai che arrivavano con le botti cariche di prezioso vino.
San Marco però è uno spazio aperto e soleggiato, quindi piuttosto caldo con la temperatura che rischiava di rovinare il vino.

E secondo voi, in Veneto sopporteremmo mai l’idea di rovinare del vino?!
Per questo i vinai si sistemavano nella parte più fresca della piazza: lungo l’ombra creata dal campanile di San Marco e con il passare delle ore si spostavano seguendo – appunto – l’ombra.

Un’ombra de vin è quindi quello che i clienti compravano in piazza e che ancora oggi si chiede nei bàcari.

Immaginate un piccolo locale, senza tavoli né sedie, tutto rivestito in legno. Ambiente caldo ed accogliente, il bàcaro. Immaginate una lunga vetrina zeppa di cicheti: piccoli crostini di pane farciti con le tipicità veneziane.
Baccalà mantecato, sarde in saor, acciughe…
Nei bàcari si va prima di cena, si sta in piedi tra amici e si ciacola bevendo un calide di vino o di spritz.
Il cicheto ha più o meno la funzione delle tapas spagnole.
Spuzzuliamm…direbbero a Napoli!

Un momento di convivialità gioiosa ed allegra. Del resto il nome stesso bàcaro sembra abbia origine da “far bàcara”, far festa, baldoria.
Un’altra ipotesi farebbe nascere il nome da bacco, il dio del vino.
In entrambi i casi sempre di vino e di festa si tratta!

Quindi quando sarete a Venezia, se sceglierete di visitare Tramontin o San Trovaso, uno dei due squeri nel sestiere Dorsoduro, proprio di fronte alla Chiesa di San Trovaso troverete due bàcari che assolutamente vi consigliamo.

Il Primo è il bàcaro Schiavi (il nome completo è Cantine del Vino già Schiavi) e il secondo è Bàcaro Al Squero.

Entrate e scegliete tra i mille chicheti; ordinate un’ombra e mescolatevi tra le persone lungo il canale: sarà il modo più piacevole per immergervi nella secolare tradizione veneziana!I costi per la realizzazione di questo post sono stati sostenuti da Hotels.com, mentre i contenuti e le opinioni sono strettamente personali dell’autore.

Write A Comment