Pochi monumenti al mondo suscitano grandi aspettative come visitare il Taj Mahal.
E’ uno di quei simboli dell’Umanità che tutti noi conosciamo e che abbiamo ben impressi nella mente, pur non avendoli mai visti dal vivo. Quelli che vengono proposti in qualsiasi documentario, filmato o rassegna fotografica che racconti il Paese in cui si trovano.Il Taj Mahal, dicevamo, è uno di questi indiscussi simboli dell’Umanità. Fotografato, raccontato, decantato in tutti i modi possibili, rappresenta un momento molto emozionante per chiunque vi si trovi di fronte. Per chiunque affronti un viaggio in India.
Di prima mattina arriviamo all’ingresso dell’ampia area che lo ospita. Il monumento apre alle 6 e ci è stato suggerito di visitarlo con le prime luci del sole. Il marmo candido con cui è stato costruito, infatti, cambia colore durante il giorno, quasi a giocare con il sole.
Una “lacrima sul viso dell’eternità”. Così è stato definito dal poeta indiano Rabindranath Tagore. Il Taj Mahal è infatti un mausoleo che contiene le spoglie di Arjumand Bann Begum, moglie prediletta dell’imperatore Shan Jahan, morta nel 1631.
In fila con i visitatori, non molti vista l’ora, cresce una strana emozione. Allunghiamo lo sguardo, ma dalla corte dell’ingresso principale non si riesce a scorgere nulla. Il perfetto allineamento del portale d’entrata con il monumento, ne impedisce infatti la vista finché non si entra nell’imponente giardino in stile moghul. E così, il desiderio aumenta e fa inconsciamente allungare il passo.
Varchiamo l’arco d’ingresso e sullo sfondo si staglia l’immenso monumento, abbracciato dai quattro minareti, perfettamente allineati. A quest’ora del mattino il candore lascia spazio alle sfumature rosate. Affrontiamo i giardini, lunghissimi, in stile arabo persiano. Sono divisi da vasche d’acqua in quattro parti, a simboleggiare i quattro fiumi che scorrono nel Giardino del Paradiso Islamico.
Man mano che ci si avvicina il mausoleo è sempre più maestoso, ma allo stesso tempo se ne apprezzano i dettagli, gli ornamenti, gli intarsi e le pietre preziose incastonate. E’ a buon titolo il maggior esempio di architettura moghul, nonché il meglio riuscito. Sono stati necessari vent’anni di lavoro per completarlo, con operai, artisti e scultori provenienti da tutta l’Asia.
La piena luce gli conferisce ora un candore quasi accecante. Infiliamo i copriscarpe prima di salire i gradini che portano alla piattaforma. L’opera è infatti minacciata dall’inquinamento e dalle migliaia di turisti che ogni giorno la visitano, quindi sono necessari alcuni accorgimenti…
L’interno è illuminato da una luce molto fioca, proveniente dall’esterno. Accanto alla tomba della moglie è riposta anche la tomba dell’imperatore, unico elemento a rompere la perfetta simmetria dell’intera costruzione. La leggenda sulle origini del monumento rende la visita particolarmente toccante…
Secondo la guida, recenti ricerche hanno letto, nel simbolismo delle iscrizioni islamiche, non tanto un intento romantico, quanto l’espressione della megalomania di un imperatore. Considerata la maestosità dell’opera potrebbe anche essere vero, ma a noi, come – immaginiamo – a tutti gli altri che scelgono di visitare il Taj Mahal, piace rimanere dell’idea che quest’immensa opera rappresenti solo una romantica e struggente follia d’amore.