La nostra sveglia suona molto prima dell’alba.
Siamo in India ormai da due settimane e abbiamo visitato templi, partecipato a cerimonie religiose nella foresta brulicante di insetti, condiviso cene a casa di indiani, visitato palazzi fiabeschi.

Ma l’apice dell’intensità emotiva e della spiritualità in India, si raggiunge sul Gange a Varanasi, lungo quei sette chilometri di Ghat dai nomi impronunciabili.

Gange a Varanasi

Chilometri di gradoni che dalle vie, dai palazzi, scendono verso l’acqua sacra del fiume, fino ad immergersi, accompagnando i pellegrini.

La sveglia suona prima dell’alba. La nostra guida, un po’ distratta e disinteressata, ci accompagna forse malvolentieri, forse solo più assonnata di noi.

La navigazione sul fiume deve precedere il sorgere del sole perché con il sole terminano i riti sacri. Quei gesti che si ripetono uguali, da anni e anni.

Kedara Ghat, Chaumsathi Ghat, Dashaswamedh Ghat…esperienza intense, il Gange di Varanasi.

Scendiamo i gradoni nel buio del primissimo mattino, fin dove il terreno diventa umido, quasi fangoso. Una vecchia donna ricurva su sé stessa vende fiori da offrire al fiume. Non compriamo niente ma oggi inconsciamente, più del solito, ci sentiamo terribilmente in colpa per non aver accettato l’offerta di un fiore…

Saliamo su una delle decine di barche a remi e navighiamo. Controcorrente. Nel silenzio del mattino che ancora aspetta il sole.

I gradoni che iniziano a popolarsi svelano lentamente tutta l’intensa umanità del fiume sacro. Donne e uomini che si lavano, anziane che sciacquano i panni e li sbattono violentemente sulle pietre, animali che cercano refrigerio tra i sacerdoti che ripetono gesti rituali e persone che praticano lo yoga. Alcuni si immergono ripetutamente recitando mantra di preghiera. Alcuni bevono l’acqua del fiume.

Gange a VaranasiGange a Varanasi

Durante la navigazione le onde leggere provocate dalle barche fanno ondeggiare fioche candele galleggianti e corone di fiori. Gli stessi fiori che vendeva la vecchia signora.

Fortunatamente le acque sacre illuminate dal primo sole del giorno non rivelano nulla che i nostri stomaci occidentali non potrebbero sopportare.

Gange a VaranasiA Varanasi gli anziani induisti vengono ad aspettare il momento della loro morte. Lungo i Ghat ci sono gli ostelli della morte: la cremazione e la dispersione delle ceneri nell’acqua del fiume consente alle anime di raggiungere l’illuminazione.

Non tutti i defunti vengono cremati: i bambini, le donne in gravidanza, i santoni, i morti per malattie contagiose. Oggi il fiume non ne accoglie nessuno.

La morte, la sua rappresentazione, la sua stessa idea sono ovunque, a Varanasi. La si avverte, sulla pelle, negli occhi, nel respiro.

Gange a Varanasi

L’ultimo Ghat è Malikarnika. Lo si riconosce dal fumo delle pire funerarie che bruciano in continuazione. I cadaveri sono avvolti in teli di diversi colori, a seconda della casta di appartenenza. Anche il tipo di legno che arde è diverso. Il sandalo, più profumato, è per i più ricchi.

L’odore è intenso e pungente. E’ l’odore del destino di ognuno.

L’acqua del fiume, il fuoco delle pire, l’aria che graffia la gola. Gli elementi della vita, nel Mahashmashana: “il Grande Luogo della morte dei cadaveri di tutto l’Universo”.

Se volete proseguire il viaggio in India, visitiamo insieme il Taj Mahal ad Agra oppure la città nascosta di Orcha o il pozzo di Chand Baori

Write A Comment