Chiunque gironzoli su e giù per il nostro Paese, non può rinunciare al cibo tipico.
Noi italiani sappiamo da sempre quanto sia importante il rito del cibo. Gli stranieri lo capiscono in fretta.
L’immagine dell’Italia è ancora quella dell’osteria con i tavoli in legno e le tovaglie a quadretti, dal sapore un po’ antico, magari con una nonna dalle forme abbondanti e il grembiule colorato, dietro i fornelli.
Forse in questa descrizione c’è qualche luogo comune di troppo, ma dai, diciamo la verità, quanto ci piace un’immagine così?

E’ la fotografia dell’ospitalità!

E una delle terre storicamente più ospitali è l’Emilia Romagna. Una Regione che dell’accoglienza e dell’attenzione all’ospite ne ha fatto una bandiera per decenni.
E avete mai pensato a come sono riusciti ad incantarci? Con le cose semplici, fatte molto bene!
La piadina, le tigelle, le tagliatelle, il ragù, il parmigiano…

Qualcuno in un articolo scrisse in un articolo:
Gli Emiliani sono così: devono fare una macchina? Loro fanno una Ferrari, una Maserati e una Lamborghini. Devono fare una moto? Fanno una Ducati. Devono fare un formaggio? Loro fanno il Parmigiano Reggiano.

C’era un bel po’ di retorica post sisma, in questa frase. Qualcuno l’ha pure criticata, ma è indubbio che “il genio italico” in questa Regione abbia dato il meglio di sé! Ed è altrettanto indubbio che l’inventiva, l’estro e l’entusiasmo non manchino, da queste parti!
E nel cibo trovano concretezza.

Mangiamo qualcosa ora?
Noi inizieremmo con delle tigelle: una piccola focaccia rotonda da farcire con salumi o formaggi.
La tigella nasce sull’appennino modenese, per arrivare fino a Bologna dove è conosciuta come crescentina.

Il nome deriva dal metodo di cottura utilizzato in epoca romana. O meglio: dall’utensile in terracotta sul quale veniva sistemato l’impasto di acqua e farina. Questo disco si chiamava tigella, così come il disco di pane che veniva cotto sopra.

Le tigelle sono quindi un tipo di pane… ma come viene condito?

Con i salumi tipici emiliani, naturalmente! Il crudo di Parma, la mortadella o il salame ma soprattutto con il pesto montanaro. Si tratta di una crema ottenuta pestando il lardo con aglio e rosmarino.
Un condimento delizioso che va spalmato sulla tigella e poi cosparso di parmigiano reggiano.

Insieme alla tigella si mangia anche IL gnocco fritto: sempre pasta di pane che viene fritta nello strutto o nell’olio di oliva. Altra delizia da non perdere, in Emilia.

Se non resistete all’idea di assaggiare un primo, ve ne consigliamo due.

Il più classico dei classici sono le tagliatelle al ragù, naturalmente!

Non si conosce per certo l’origine della tagliatella: qualcuno dice sia una discendente delle lagane romane citate da Orazio nel 65 a.C.

Secondo altri nascerebbe in occasione del matrimonio di Lucrezia Borgia, dai lunghi capelli biondi che ispirarono il cuoco nella creazione, ma questa sembra più una leggenda.

Artusi citava le tagliatelle nel 1891 e da sempre in Emilia esiste la figura della “sfoglina”: la signora che impasta uova, acqua e farina e tira la sfoglia per tagliatelle e tortellini.
La misura della tagliatella è depositata alla Camera di Commercio di Bologna ed è di 8 millimetri!

E il ragù?!
Quello bolognese è sacro e la ricetta è trascritta e depositata in un documento ufficiale.
Manzo, pancetta, passata di pomodoro, sedano, carote, cipolla e latte. E anche su questo non si scherza!

E’ questa attenzione ai dettagli che rende la cucina bolognese unica al mondo!

E che fece scrivere al celebre Pellegrino Artusi “quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, che se la merita”.

Lasciamo ora Bologna e andiamo in un’altra splendida città d’arte dell’Emilia Romagna: Ferrara.

Qui è doveroso assaggiare due piatti della tradizione estense.

Il primo sono i cappellacci: una specie di tortellone spesso e grezzo, di forma triangolare, ripieno di zucca al forno e parmigiano, condito con burro e salvia. In alcune varianti (tipo quello della foto!) viene servito con fonduta di parmigiano, pancetta croccante e aceto balsamico.

Il secondo piatto è la salama da sugo. Si tratta di un insaccato dalle origini antichissime: sembra infatti venga citato per la prima volta in un documento della metà del 1500.
Un misto di carni di maiale tritate con spezie e irrorate di vino rosso. Tanto vino rosso!

Dopo la stagionatura, la salama viene cotta e servita solitamente con il purè di patate, che serve ad assorbire il sale della carne.

Lambrusco. Per mangiare la salama da sugo serve lambrusco. Tanto, lambrusco!

Ora, rimanendo in Emilia Romagna, dovremmo ancora raccontarvi dell’aceto balsamico di Modena, della mortadella, del Parmigiano Reggiano, della piadina romagnola…
Cibo semplice diventato leggendario!

Il caseus parmensis ad esempio, si fa sempre uguale dal 1200.

I Monaci dovevano trovare il modo di produrre un formaggio che avesse una lunga conservazione…e ci riuscirono molto bene!
Già alla metà del 1200 il Parmigiano era commercializzato in tutto il nord Italia e successivamente in Europa. La zona di produzione è tuttora limitata alle Province di Parma, Reggio Emilia e Modena e il disciplinare è molto rigido.

Pensate che il latte deve iniziare il processo di lavorazione entro due ore dalla mungitura.
Questo significa che solo gli allevamenti della zona possono produrre il latte per il Parmigiano doc.
Tutto il resto, è un’imitazione!

Lasciamo ora l’Emilia Romagna e scendiamo nelle Marche.
Regione di mare, di spiagge e di entroterra incantevole e dalle mille risorse.

Sulle spiagge marchigiane potete farvi deliziare da un piatto di linguine ai frutti di mare; oppure provare la crescia sfogliata con la salsiccia e le erbe di campo. O con il ciauscolo, il tipico salume marchigiano!

La crescia sfogliata è una specie di piadina, ma più spessa e lavorata in modo diverso in modo da ottenere più strati: le sfoglie, appunto!

Una delle zone più famose dell’entroterra marchigiano è quella di Acqualagna, paese celebre per il tartufo.

Con i tagliolini, con la carne, le uova o la fonduta di formaggi, il tartufo è sempre una meraviglia. E da queste parti, lo è ancora di più!

Ma anche qui le cose semplici sono apprezzatissime!

Immaginate la dolcezza delle colline; un tavolo e delle sedie di legno, un piatto di bruschette all’olio e una caraffa di passerina fresca… sarà l’aperitivo ideale per rilassarsi in compagnia!

Ancora tartufo, norcinerie e le famose lenticchie di Castelluccio di Norcia sono i cibi più famosi che potrete assaggiare in Umbria. E sapete come accompagnare le norcinerie?

Con il brustengo di Gubbio, naturalmente!
Una focaccia di farina, acqua e sale abbrustolita.

Tra i primi piatti segnaliamo (con soddisfazione!) gli strangozzi alla spoletina: una pasta lunga e rettangolare che viene condita con salsiccia, ricotta e pecorino.

Completiamo il nostro tour tra le Regioni del centro Italia scendendo in Abruzzo.

E come parlare di Abruzzo senza parlare di arrosticini?

Sono degli spiedini di carne di pecora giovane, tagliata in pezzi molto piccoli e cotti nella tradizionale “canala”. L’origine di questo portata è legata alla tradizione pastorale dell’Appennino.

Se oltre agli arrosticini volete provare un altro piatto tipico abruzzese, assaggiate le “pallotte cace e ova”.

Sono deliziose polpette che nascono dall’abitudine contadina di non sprecare cibo. Infatti le pallotte sono fatte di pane raffermo, formaggio e uovo.

Foto di Massimo Carlini

Cotte direttamente nel sugo di pomodoro sono una meraviglia imperdibile!

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