La nostra Italia è il Paese dei Borghi. In qualsiasi Regione ce ne sono di incantevoli: antichissimi, piccolissimi, in montagna o in riva al mare…si, insomma: per tutti i gusti! Di sicuro il borgo che vi raccontiamo in questo post ha delle caratteristiche che lo rendono unico. Lo chiamano “la città che muore e, forse proprio per questo, ci vivono ormai solo 11 abitanti.

Siamo a Civita di Bagnoregio, in Provincia di Viterbo. E sapete perché il borgo “muore”? Tra un po’ ve lo raccontiamo! Prima però dobbiamo scoprire cosa sono i calanchi. Si tratta di terreni argillosi, molto fragili e con molta sabbia nel sottosuolo. Soggetti e piogge e venti forti, su questi terreni si creano dei solchi allungati, delle striature simili alle pieghe della stoffa: i calanchi. Il paesaggio diventa così molto particolare: affascinante ma dall’aspetto un po’ spettrale, evidentemente fragile, quasi ferito.

Civita di Bagnoregio

Sono passati 2500 anni da quando gli Etruschi fondarono la piccola Civita di Bagnoregio, collocandola su una altrettanto fragile collina in tufo, tra i calanchi. Forse non se ne preoccuparono troppo, o forse non sapevano che anche il tufo è soggetto ad una facile e continua erosione. Il risultato oggi è “un ciuffo di case nere sul tufo erette sul vuoto. Originario proprio di Civita, così la descrisse lo scrittore Bonaventura Tecchi, che la definì appunto – ignaro di creare lo slogan perfetto per il futuro marketing turistico – “la città che muore”.

L’unico accesso possibile a Civita è pedonale, attraversando un ponte di oltre 300 metri. Quando si arriva al belvedere di fronte al borgo, quasi non si riesce a crederci: la collina spunta dal basso stretta e alta tra le striature dei calanchi. Un piccolo atollo oceanico al quale è stato tolto il mare intorno. Una di quei panorami talmente belli che diventano difficili da descrivere…

Civita di Bagnoregio

Il ponte è stato costruito nel 1965 dopo che la strada di collegamento venne definitivamente erosa agli inizi degli anni Venti e il precedente collegamento fu distrutto dai tedeschi in ritirata alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Attraversato il ponte (5€ a persona l’ingresso), la salita conduce alla Porta Santa Maria, unico accesso al borgo. La porta venne scavata nel tufo già dagli Etruschi, ma l’attuale aspetto dell’ingresso a Civita è di epoca Medioevale.

Pochi passi tra le case in pietra rossastra e si arriva al cuore del borgo: Piazza San Donato. Al centro del piccolo slargo si trova il pozzo; su tre lati le case più importanti del paese, una delle quali ospita il Museo Geologico e delle Frane. Il quarto lato è occupato dalla Chiesa di San Donato. Le sue origini risalgono al VII secolo, anche se l’attuale aspetto deriva da rifacimenti cinquecenteschi. All’interno sono conservati un crocifisso ligneo del Quattrocento e le reliquie di San Ildebrando, Vescovo della città nel IX secolo.

Civita di Bagnoregio
Civita di Bagnoregio

Proseguendo oltre la piazza ci si infila in una serie di vicoli stretti che, perpendicolari alla strada principale, offrono interessanti scorci sui calanchi sottostanti. Ma quello che più incanta e la sensazione di sospensione, di dimensione senza tempo ancora più accentuata dai pochissimi turisti fuori stagione. Sono i balconi curati, i fiori e gli spazi stretti tra le case, oggi diventate ristoranti e B&B dove passare una notte in un contesto decisamente molto rilassante.

Civita di Bagnoregio

Il retro del borgo, alla fine dell’unica via che tenta di scendere verso la vallata, è la zona che più rende l’idea della fragilità di Civita di Bagnoregio. Le crepe profonde nel tufo, qualche pietra franata lungo la strada e le case che minacciosamente mostrano le travi di sostegno della struttura, fanno davvero pensare ad un borgo che, prima o poi, cederà di fronte agli eventi della Natura.

Appena la strada lascia le case per fiancheggiare la collina, inizia la discesa che viene però interrotta dopo poche centinaia di metri. Giusto il tempo di vedere la Cappella della Madonna del Carcere: una tomba etrusca utilizzata negli anni come casa, stalla, deposito e infine come piccolo luogo di culto.

Civita di Bagnoregio

Pochi metri più avanti si trova un lungo tunnel costruito negli Anni Trenta del Novecento per permettere ai carri di passare dall’altro lato del Paese. Oggi è un passaggio assolutamente inutile, considerato che collega una strada interrotta ad un’altra strada…interrotta!

Torniamo verso il centro del Borgo: quella piazza che ospita osterie e ristoranti dove fermarsi per scaldarsi di fronte alle enormi griglie dei camini o per un veloce panino con la porchetta. La Tuscia è zona in cui si può andare sul sicuro con il cibo!

Usciamo dal borgo per ritornare al belvedere dove si trova la Grotta di San Bonaventura. La leggenda vuole che, all’inizio del 1220, venne in visita a Civita di Bagnoregio il frate Francesco di Assisi e si fermò in una grotta di fronte al paese. Il piccolo Giovanni Fidanza, che abitava nel borgo insieme alla madre, era gravemente malato. La madre lo portò davanti alla grotta ed implorò l’intercessione del frate di Assisi che lo guarì miracolosamente esclamando “oh, bona ventura”. Questo fu il nome che rimase al bimbo che diventò frate francescano e passò alla storia come San Bonaventura.

Poco oltre la grotta si trova anche l’edificio che ospitò il Convento dei Francescani, oggi utilizzato per ospitare un bar e qualche negozio.

Un ultimo sguardo al panorama e la grande soddisfazione di aver visitato un Borgo assolutamente unico!

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