La strada che collega La Paz al sito archeologico di Tiahuanako (o Tiwanaku), passa per El Alto. Un comune che, in realtà, è ancora periferia della megalopoli capitale della Bolivia. Un posto caotico e trafficato dove l’aria è resa difficilmente respirabile a causa del pesante inquinamento che di certo non agevola la respirazione già difficile per l’altitudine.

El Alto, mai nome fu più appropriato, si trova infatti a circa 4200 metri sul mare e ospita anche l’aeroporto di La Paz: il più alto al mondo e il solo con una sala di ossigenoterapia accanto al ritiro bagagli!

Poco più di un’ora per percorrere gli 80 chilometri che separano la città da uno dei maggiori siti preincaici dell’America Meridionale e purtroppo anche uno di quelli più saccheggiati e devastati.

Quel che rimane, che merita comunque di essere visitato, è oggetto di una importante opera di riqualificazione e valorizzazione da parte del Governo Boliviano dopo che l’Unesco, nel 2000 ha inserito Tiahuanako tra i Patrimoni dell’Umanità.

Siamo a 3800 metri di altitudine, a pochissima distanza dalle sponde meridionali dell’immenso lago Titicaca: condizioni ideali per lo sviluppo di una civiltà che, infatti, mise le sue radici in questo sito, fin da 1600 anni (secondo alcune fonti, addirittura 2000 anni) prima di Cristo.

Parcheggiamo il nostro van sullo spiazzo polveroso accanto all’ingresso del museo: a pochi metri un binario ferroviario che sembra arrivare dal nulla e sparisce all’orizzonte in altrettanto nulla. Ci spiegano che arriva da La Paz e prosegue verso il confine con il Perù; in pratica è una ferrovia internazionale!!

Lungo il binario, che francamente, sembra poco utilizzato, alcuni baracchini vendono qualche bibita fresca e un po’ di souvenir. Ma di clienti se ne vedono davvero pochi e i tavolini e le sedie sono occupati dagli stessi gestori.

Il tempo sembra scorrere molto più lentamente e forse, ogni tanto, sembra proprio fermarsi, in attesa di qualcosa non meglio definito. Si aspetta, da queste parti; si aspetta a lungo, con pazienza e, spesso, in silenzio.

Avviciniamo una guida e contrattiamo il prezzo per il giro. A Tiwanako, infatti, si entra solo accompagnati da una guida autorizzata. Iniziamo dal museo: molti reperti erano conservati nel museo archeologico di La Paz, ma l’opera di valorizzazione di Tiwanako ha fatto sì che venisse aperto un piccolo museo anche all’interno del sito stesso.

Tra i reperti suscitano particolare interesse delle statuine antropomorfe dalle evidentissime fattezze di popoli lontani. Alcune statuine ricordano gli uomini africani. Altre, con gli occhi a mandorla e i tipici copricapo, sembrano arrivare dal sud est asiatico o dalla Cina.

Tiwanako era abitata da popolazioni di viaggiatori. Il museo ospita infatti anche alcune imbarcazioni evidentemente utilizzate anche per spostamenti che sembrano oggi inimmaginabili.

L’area esterna del sito è grandissima, sebbene i reperti emersi rappresentino solo una minima parte di quello che, si ipotizza, vi sia ancora da recuperare. I lavori di scavo infatti proseguono anche se, per lo meno nel periodo della nostra visita, con metodi piuttosto artigianali!!

Tra le opere rimaste integre e maggiormente impressionanti c’è senza dubbio la Porta del Sole: un blocco unico pesante quasi cento tonnellate, scolpito con decine di figure attorno ad una più grande che, con in mano due scettri a forma di serpente, ha tutto l’aspetto della divinità.

La Porta deve il suo nome al fatto che durante la primavera il sole sorge esattamente a metà della porta; per questo motivo alcuni studiosi hanno ipotizzato che le 48 figure scolpite potessero rappresentare un calendario, secondo la ripartizione temporale dell’epoca.

Al lato opposto un altro famoso elemento del sito: il monolite alto circa 8 metri che raffigura un sacerdote o, comunque, una figura sacra, visto il curioso copricapo e le due tavolette che porta tra le mani.

Non si sa con certezza cosa fosse Tiahuanako: difficile ipotizzare una città, visto che nell’area portata alla luce non vi è traccia di case; più probabilmente si trattava di un grande luogo per le cerimonie. La zona più bassa del tempio, che viene anche chiamata il tempio sotterraneo, vede sistemati al centro tre blocchi scolpiti, che ricordano i totem, e tutto intorno decine e decine di teste scolpite lungo le pareti.

Secondo alcune fonti, si tratta dell’effige dei sacerdoti che celebravano le cerimonie e i riti sacri. Quel che è più curioso è che, anche in questo caso come nelle statuine conservate al museo, i volti hanno sembianze europee, asiatiche e africane. Quasi come se Tiwanako fosse un luogo di aggregazione e ritrovo di popolazioni distanti migliaia e migliaia di chilometri tra loro…

Quel che è sicuro, e che rende ancor più interessante questo luogo, è il mistero che avvolge il sito archeologico e il fatto che alcune domande che gli studiosi (e i semplici curiosi) si pongono, non troveranno mai risposta.

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