Diceva Samuel Johnson che “chi non bada a ciò che mangia, difficilmente baderà a qualsiasi altra cosa”.
Per conoscere una terra ed apprezzarne appieno le tradizioni, si devono provare i cibi tipici, quelli legati al territorio e a ciò che offre e noi non perdiamo occasione per provare, assaggiare, sperimentare…
Anche nel nostro viaggio in Sardegna non ci siamo fatti mancare nulla, dai cibi più conosciuti, come i malloreddus o il pane carasau, fino ai prodotti meno noti e meno…popolari, come il casu marzu o la treccia con i piselli…

Vi raccontiamo quello che abbiamo imparato, specificando che tutto ciò che descriviamo…è stato assaggiato e rigorosamente sperimentato in prima persona!

Pane Carasau: Si tratta del tipico e conosciutissimo pane sardo, sottile e croccante, viene anche chiamato carta musica, per il rumore che produce quando si spezza e mentre lo si mastica. La produzione del pane carasau, che in sardo significa “abbrustolito” sembra risalga addirittura alla civiltà nuragica.

Gli ingredienti di questo pane buonissimo e dalla lunghissima conservazione sono: acqua, sale, lievito e farina di grano duro. La lavorazione invece è piuttosto complicata. Infatti, dopo aver impastato gli ingredienti, fino a formare un composto liscio e duro, si devono formare delle piccole palline. Dopo averle fatte riposare e lievitare, si effettua la prima cottura in un forno molto caldo. Le piccole sfere si gonfiano d’aria e…proprio in quel momento subentra la maestria dell’uomo! Il pane deve essere tolto dal forno e tagliato in due parti, in modo che rimangano i fogli sottili che lo rendono tanto particolare (e celebre).

Le sfoglie vengono poi lasciate riposare e rimesse in forno per la seconda cottura: la carrasatura, l’abbrustolimento. Più un pane è abbrustolito, più è scuro e friabile.

Il pane carasau ha diverse varianti e molte possibilità di condimento. Viene chiamato guttiau quello condito con olio e sale, mentre il pane frattau è quello preparato a strati (come le lasagne) e condito con pomodoro e pecorino grattugiato.

Tutto ciò che abbiamo imparato, ci è stato raccontato dal Signor Giuseppe, titolare dell’Agriturismo Ertila di Bitti…posto consigliatissimo per chi dovesse passare in zona. Giuseppe ci ha anche raccontato di aver ospitato per mesi e mesi dei tecnici di Rovereto , scesi in Sardegna per imparare a fare il pane carasau, allo scopo di costruire dei macchinari e industrializzarne la produzione….senza risultato! Infatti, la fase del taglio in due della pagnottina lievitata, dopo la prima cottura, non si riesce a meccanizzare e deve, tutt’ora, essere fatta a mano. Il pane sardo non si è fatto “domare” dai “continentali”…!!

Malloreddus: Sono i tipici gnocchetti sardi. I più comuni sono quelli alla Campidanese, preparati con salsiccia fresca, pomodoro e zafferano. Ne abbiamo provati tanti….tanti…tanti… ma quello che non sapevamo è che in sardo malloreddus significa “vitellini”. Non ci hanno raccontato però l’origine del nome…qualcuno la conosce?

Tralasciamo di raccontarvi quanto porceddu e quanti salumi, formaggi e verdure preparate in ogni modo abbiamo provato… ma vi raccontiamo invece qualche piatto per stomaci forti e menti determinate!
Infatti, nella tradizione sarda, si preparano alcune prelibatezze che non tutti… riescono ad affrontare!! Eccovi qualche esempio, ricordandovi che le abbiamo provate tutte!!

Treccia e piselli: Il nome ci ha subito fatto pensare alla mozzarella…ma a pensarci bene, la mozzarella non si abbina bene con i piselli! Infatti la treccia è, appunto, un intreccio di intestino e stomaco di agnello. Prima viene bollito in acqua salata e poi saltato in padella. Si accompagna con i piselli saltati con cipolla e leggermente piccanti. Ha un leggero retrogusto che somiglia alla trippa, ma decisamente più delicato. Francamente molto buono.

Sanguinaccio: Tipico dell’entroterra nuorese, il sanguinaccio viene chiamato sambeneddu o zanbeneddu, e prevede una preparazione lunga e complessa. Si tratta di sangue di pecora aromatizzato con cipolla, timo e menta. Ha l’aspetto della marmellata, ma al gusto si sentono moltissimo le spezie, soprattutto la menta. Si mangia con la carne o spalmato sul pane carasau. L’idea di cosa si sta mangiando probabilmente non aiuta, ma il gusto non è per niente male!

Casu Marzu: Specialità sarda per stomaci fortissimi… viene servito direttamente nella forma e si mangia a cucchiaiate, accompagnandolo con il pane carasau. La preparazione di questo tipo di pecorino prevede l’inserimento, all’interno della forma, delle uova della cosiddetta mosca casearia. All’interno della forma nascono le larve che si riproducono e si nutrono del formaggio stesso, rendendolo una crema dal sapore forte e pungente. In pratica: un pecorino cremoso molto, molto stagionato. Il piccolissimo problema che potrebbe non incontrare il gusto della massa è il fatto che, nel momento in cui viene servito, le larve sono ben visibili e parecchio in movimento all’interno della forma stessa…diciamo, particolarmente vivaci! Se si supera il blocco mentale, vi garantiamo che il prodotto merita lo sforzo!

Dopo queste prelibatezze, non trovate sia il momento di un dolce?

Pardulas o Casadinas: Italianizzate in formaggelle, sono un classico e delizioso dolce. Abbiamo scoperto che vengono preparati in modo diverso a seconda della zona della Sardegna. Le pardulas hanno una base di pasta fatta da farina, semola e strutto, ripiena di ricotta e uvetta (quest’ultima, soprattutto nel nuorese). Le casadinas, con la stessa base, sono invece ripiene di formaggio fresco e aromi di limone o arancia. In entrambi i casi, superlative…

Seadas: Altro dolce tipico sardo, si tratta di una specie di panzerotto o di gnocco, la cui sfoglia è fatta di semola e strutto, ripiena di formaggio fresco e scorza di limone. Il tutto viene fritto e ricoperto di miele. Dal gusto più intenso e…un po’ più difficili da digerire delle pardulas, sono l’ideale per chi ama il miele!

…un po’ di alcol per digerire?
Tutti conosciamo il mirto, delizioso… molti conoscono il fil’ e ferru: l’acquavite chiamata così perché quando veniva prodotto clandestinamente, veniva nascosto sotto terra e legato con un filo di ferro che emergeva dal terreno. Il filo serviva ad individuare la posizione delle bottiglie nascoste.

Pochi conoscono invece la pompìa. Si tratta di un agrume simile al bergamotto, che cresce solamente nella zona est della Barbagia. Con questo agrume si distilla un liquore meraviglioso, dal sapore dolce, degna conclusione del pasto! Non è facilissimo da trovare, ma se siete nel nuorese, non perdetevelo!

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