Avete presente i trenini giocattolo? Quei plastici ferroviari in miniatura in cui, chi li costruisce, si diverte ad inserire tantissimi ponti, gallerie e curve che sembrano impossibili da far compiere al trenino.
Elementi quasi innaturali, contro ogni legge dell’ingegneria, messi solo per far stupire i bambini.Bene! Il Trenino rosso del Bernina è esattamente così! E le espressioni di chi viaggia sulle sue carrozze, noi compresi, esprimono esattamente la stessa meraviglia dei bambini quando vedono entrare il trenino giocattolo nella galleria e poi ne perdono le tracce, per ritrovarlo dopo diversi metri, là dove meno te lo aspetti.

Già, perché anche il Trenino del Bernina fa spesso perdere le tracce del suo percorso…

Ma andiamo con ordine.
Le montagne sono la più grande barriera naturale che separa Paesi e popolazioni, culture e storie. La Svizzera è terra di grandi montagne e i suoi confini sono tentacolari, sono propaggini che si incuneano qua e là, infilandosi in altre aree geografiche, in altre culture, in altre lingue. Oggi infatti in Svizzera si parlano quattro lingue: l’italiano, il francese, il tedesco e il romancio, talvolta con commistioni e contaminazioni curiose.

Per non perdere contatto con alcuno dei territori e con le popolazioni che lo vivono, è sempre stato necessario garantire efficaci collegamenti tra le diverse zone, spesso con soluzioni all’avanguardia, se non decisamente ardite. Così, nel 1906 si diede il via alla costruzione della più imponente e probabilmente azzardata opera di ingegneria ferroviaria d’Europa. 62 chilometri per collegare i 429 metri di altitudine di Tirano, con i 1775 metri di Saint Moritz, passando per i 2253 metri di Ospizio Bernina, il punto più alto di questa follia da visionari.

I lavori durarono solo 4 anni, dal luglio 1906 al luglio 1910, e videro la costruzione di 52 ponti e 13 gallerie, superando pendenze impensabili grazie a strutture geniali come il viadotto elicoidale di Brusio o come percorsi a spirale in galleria, talvolta addirittura sovrapposti. Opera da pionieri dell’ingegneria che valsero alla tratta ferroviaria il titolo di Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco che, nel 2008, definì la ferrovia del Bernina “un’opera pionieristica dell’arte ingegneristica moderna nata da un connubio unico tra natura, cultura e tecnologia … un esempio straordinario di integrazione armonica della ferrovia nel paesaggio di alta montagna … frutto di una progettazione lungimirante e del felice connubio tra innovazioni tecnologiche e tutela del paesaggio”.

…e in effetti la linea ferroviaria si incastra perfettamente nel contesto naturale di queste montagne, ne diventa un tutt’uno armonico che quasi migliora il paesaggio…un esempio di impatto ambientale al contrario: se non ci fosse, mancherebbe qualcosa!

Il trenino rosso delle Ferrovie Retiche quindi non è un treno turistico, ma nasce come un vero e proprio collegamento regionale e tutt’ora continua ad essere un frequentato collegamento per chi vuole raggiungere il cuore della Svizzera, partendo da Sud.

La tratta inizia a Tirano, in territorio italiano, ed entra in Svizzera meno di 3 chilometri dopo, non prima di regalarci però la prima sorpresa: il passaggio nel pieno centro del paese, proprio nella piazza della Chiesa della Madonna di Tirano. La ferrovia attraversa un incrocio automobilistico e si inserisce nel traffico cittadino, diventano per un lungo tratto…la terza carreggiata della strada principale!

Dopo pochi minuti, superata la stazione di confine di Campocologno, il treno attraversa il primo tratto da plastico-giocattolo o, se preferite, si arrampica sulla prima opera geniale: il viadotto circolare di Brusio. Questa struttura permette al treno di superare una pendenza altrimenti invalicabile. Grazie alle nove campate, si passa dai 553 metri ai 717 della cima del viadotto.

Subito, con i finestrini abbassati nonostante la pioggia battente, iniziamo a saltellare da una parte all’altra del vagone per non perdere nemmeno un dettaglio del passaggio…e per fortuna non siamo i soli!
La salita intanto prosegue dolcemente, tra il verde delle montagne e i piccoli paesini, fino a costeggiare il Lago di Poschiavo.

Le acque di questo lago arrivano da Ospizio Bernina, all’inizio della Valposchiavo, dove si trova il Lago Bianco, bacino idrico che viene sfruttato per l’energia idroelettrica grazie ai suoi 5 salti naturali che portano le acque fino a fondovalle facendole confluire prima, appunto, nel Lago di Poschiavo e poi alla grande centrale di Campocologno, al confine con l’Italia.

Superato il Lago, il treno arriva a Poschiavo, la nostra prima sosta.

Purtroppo il clima non ci è favorevole. Piove, ma questo non ci impedisce di raggiungere il delizioso centro storico. Raggruppati intorno alla Piazzetta, la chiesa e gli splendidi palazzi signorili sono traccia evidente di un ricco passato e, artisticamente, rappresentano una interessante commistione di stili. Segno di come gli abitanti Poschiavini viaggiassero “riportando a casa” le esperienze di altre culture. Oggi il paese è tutelato dalla Confederazione come “località di importanza nazionale” e rappresenta forse il centro abitato più interessante di tutto il viaggio: piccolo, affascinante, incastrato tra le montagne della stretta vallata e un torrente decisamente impetuoso. Non è un caso che per le vie del centro alcuni cartelli fotografici ricordino i danni causati nel 1987 da una violenta alluvione.

La Valposchiavo è nota anche per essere zona di buona cucina. Ne approfittiamo volentieri quindi per provare qualche specialità locale. Scegliamo la Hosteria del Borgo, antico locale con una vecchia cantina davvero splendida. Soddisfiamo la nostra curiosità culinaria provando i Capunet (gnocchi di spinaci conditi con burro, formaggio fuso e aglio) e i formaggi locali, accompagnati da un’ottima birra poschiavina aromatizzata ai fiori di sambuco.
Poschiavo è una tappa assolutamente da non perdere! Riprendiamo il treno tre ore dopo la sosta: tempo sufficiente per visitare il paese e fermarsi a pranzo.

Il treno inizia subito la salita alla montagna, la parte in assoluto più bella di tutto il percorso. La ferrovia si inerpica tra i boschi di un verde intenso, tra casette in pietra sempre più isolate e ruscelli sempre più gonfi d’acqua. Arriviamo a Cavaglia. Piccola fermata a richiesta…già, perché il trenino regionale supera stazioni talmente piccole che non si ferma…a meno che qualcuno non debba scendere! In tal caso, si preme un pulsante, proprio come sui tram, e si prenota la fermata!

Cavaglia, dicevamo: piccola fermata a poche centinaia di metri dal “giardino dei ghiacciai” dove si possono ammirare le “marmitte dei giganti”. Appena arrivati notiamo un paio di piccoli inconvenienti che ci costringono a rinunciare alla visita: il torrente della vallata è tracimato per le forti piogge, sta ancora piovendo a dirotto e fa parecchio freddo… riteniamo quindi, con molto dispiacere, non sia il caso di inoltrarsi nella zona boschiva, sebbene lo spettacolo naturale meriterebbe attenzione.

Subito dopo Cavaglia la linea sale lungo la Val da Pila e supera il bel viadotto a tre campate, prima di affrontare un tunnel a spirale nel cuore della montagna, il tunnel di Palü, passare accanto alla centrale elettrica che sfrutta le turbolenti acque che scendono dal ghiacciaio Palü ed affrontare l’ultima strabiliante curva che lo porta alla stazione di Alp Grüm, nostra meta per questo primo giorno di viaggio.

Ad Alp Grüm arriva solo il treno. Non ci sono strade. La stazione, una banchina – nemmeno troppo lunga – che finisce a ridosso di un tunnel. Una serie di sentieri, che partono dalla banchina stessa. Portano al ghiacciaio, al lago Palü e alla centrale idroelettrica, a Ospizio Bernina o, più semplicemente, fin dove finiscono gli alberi.

Nell’edificio che ospita la stazione c’è un bel ristorante. Stile alpino, molto curato. Al piano di sopra, otto camere nuovissime, con le finestre rivolte alla vallata. Di fronte lo spettacolo unico del ghiacciaio.
Dietro all’edificio, una terrazza che regala la stessa vista.
Non c’è la televisione, ad Alp Grüm, né la radio. Solo il silenzio delle montagne. Quel silenzio al quale non siamo più abituati e che un po’ ci inquieta. Partito l’ultimo treno, quello delle 20.45 per Tirano, si è isolati dal mondo e immersi in un silenzio surreale.

Abbiamo scelto Alp Grüm per passare la notte, e per godere del silenzio.
L’hotel ospita noi, un ragazzo italiano solo e due coppie di tedeschi piuttosto avanti d’età. Ci informano che si cena dalle 18 alle 19. Proviamo a posticipare sempre più la cena…  si mangia davvero bene nel ristorante: i pizzoccheri,  una zuppa d’orzo chiamata “minestra da dumega”. Poi una torta di pastafrolla e noci. Alle 19.30 la nostra cena era finita.

Percorriamo la banchina in tutta la sua lunghezza, nella nebbia della sera. Fa freddo e resistiamo solo pochi minuti…comunque più di quanto serva per…vedere tutto quello che c’è!
La notte passa, sotto al piumone da alta montagna. Ci sveglia il primo treno, quello delle sette e qualche minuto. Le nuvole hanno lasciato il posto ad un sole meraviglioso che brilla sulla montagna ghiacciata. Dopo la colazione con vista sul vuoto, percorriamo qualche sentiero, ancora verso l’alto.

I fiori, l’erba bagnata, i mille rigagnoli dei torrenti che la pioggia ha riempito. L’aria fredda purissima. L’alta montagna ha un potere rilassante senza eguali. Alla sinistra del Pitz Palü si apre la Valposchiavo: si vede Cavaglia, con la piccola stazione, poi un salto verso il basso fino al lago di Poschiavo. Oltre, in fondo brillano i primi tetti del paese.
Lasciamo che lo sguardo si perda tra montagne e vallate, tra gli abeti e i prati fioriti. Decidiamo di prendere il treno delle 8.15, ma poi optiamo per le 9.15…che lasciamo diventare le 10.15.

Ok, confessiamo: da Alp Grüm non ce ne saremmo andati…
…perché è uno di quei posti dove il tempo non conta. E, diciamoci la verità, ogni tanto essere così piacevolmente fuori dal mondo, va davvero bene all’anima!

Qualche informazione pratica:
La tratta Tirano – St. Moritz dura complessivamente 2h 30m sul treno regionale.

Con il Bernina Express 2h 15m. Il Bernina Express è il treno turistico, con le vetrate panoramiche chiuse, che non effettua tutte le fermate.
Il servizio regionale ha i finestrini normali, abbassabili, il che permette di fare foto migliori. A tale scopo è preferibile sistemarsi in una delle ultime carrozze, così da riuscire a fotografare il treno in tutta la sua lunghezza, durante una delle moltissime curve strette.
Il servizio regionale ferma in tutte le stazioni. Alcune fermate sono “a richiesta”: per fare fermare il treno è sufficiente prenotare la fermata con uno dei pulsanti presenti in ogni vagone.

Le fermate vengono anche preannunciate da un messaggio in tre lingue. Inoltre, nei punti di maggior interesse, un messaggio spiega anche le caratteristiche tecniche del percorso e fornisce qualche curiosità sul territorio che si sta attraversando.
Piccola curiosità: da Tirano a Ospizio Bernina i messaggi vengono letti prima in italiano, poi in tedesco e da ultimo in inglese. Da Ospizio Bernina a St. Moritz sparisce l’italiano e vengono letti prima in tedesco, poi in romancio e poi in inglese.

Per la tratta, vi sono diversi tipi di biglietti. Il biglietto regionale permette di scendere ad una fermata e proseguire con il treno successivo, ma senza poter tornare indietro.

Noi abbiamo scelto una formula particolare: il biglietto giornaliero specifico per la tratta Tirano – Thusis. In pratica si può percorrere l’intera linea patrimonio dell’Umanità, in qualsiasi direzione. Il biglietto è giornaliero, vale due giorni e deve essere obliterato al primo utilizzo della giornata. Il costo è di 70CHF a persona (circa 58€).

Il costo della vita in Svizzera è piuttosto elevato, anche se si riescono a trovare soluzioni per mangiare e dormire ad un costo ragionevole.
Noi abbiamo pranzato alla Hosteria del Borgo a Poschiavo, dove per un primo, un secondo con bevande (caffè compreso) abbiamo pagato circa 30€ a persona. Peraltro, cucina di ottimo livello…

Per dormire abbiamo scelto una doppia ad Alp Grüm, che costa 150CHF (circa 125€), mentre la cena ci è costata poco meno di 50CHF (circa 42€). Prezzi per nulla eccessivi, vista la qualità di quanto offerto.

2 Comments

  1. Uno dei miei desideri il trenino rosso. Però mi piacerebbe tanto prenderlo in inverno con la neve

    • Andrea - Impronte Nel Mondo Reply

      Anche noi vorremmo rifarlo con la neve! I paesaggi bianchi sono da sogno, anche se penso ci sia un freddo pazzesco!
      Chissà che il prossimo inverno non si possa riprogrammare…

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