Kobarid è un piccolo comune per pochi chilometri in territorio sloveno.
Si trova sulle rive del fiume Isonzo e divenne celebre, durante la Prima Guerra Mondiale, perché fu teatro – con il nome italiano di Caporetto – della più grossa disfatta dell’Esercito Italiano.
Tra il 24 e il 26 ottobre 1917 le truppe italiane e austriache si affrontarono in un’aspra battaglia che costrinse gli italiani a ripiegare fin oltre il Piave, in una ritirata che divenne epica al punto che ancor oggi diciamo “una Caporetto” per definire una sconfitta di grandi proporzioni.
Negli anni 30 il governo presieduto da Mussolini volle rendere onore alle migliaia di militari caduti in quella battaglia. Si decise quindi recuperare dai cimiteri della zona tutte le salme dei militari italiani. Fece poi costruire un Sacrario militare che ne raccogliesse tutte le spoglie. Inaugurato nel 1938 dallo stesso Mussolini, raccoglie oltre 7000 corpi, di cui quasi 1800 ignoti.
Il Sacrario è una piramide ottagonale posta su una collina; vi si accede da una strada ai lati della quale si trovano 14 stazioni della via crucis. Ai piedi della costruzione, una grande scalinata centrale conduce verso il primo livello dell’ossario, dove si trovano i militi ignoti.
Dalla grande lapide si aprono le scalinate laterali che portano ai livelli superiori.
Arriviamo in una silenziosa e nuvolosa giornata; siamo soli e percorriamo silenziosamente i tre cerchi concentrici che salgono verso la sommità: incisi su enormi lastre verdi nomi, nomi, migliaia di nomi.
All’ultimo livello, sulla sommità del colle, si trova la Chiesa di Sant’Antonio, che risale al 1700. Da lì la vista spazia sulla verdissima valle dell’Isonzo; il panorama tra fiume e montagne è quasi un modo per ritrovare pace: una boccata d’ossigeno non solo per i polmoni.
Dietro alla Chiesa, proprio ai margini del bosco, si trovano tre croci poste su piedistalli di sassi: un ulteriore silenzioso invito alla riflessione.