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Matera

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Eterea, imponderabile, sfuggente al tatto e alla comprensione. Un sogno. Un Presepe, la scenografia di un film, l’ambientazione di disperazione passata e fama contemporanea. Per questa città si sono utilizzati i più svariati paragoni. Di certo Matera ti ammalia e ti avvolge per poi lasciarti, impalpabile. Matera è un’illusione. A Matera si deve camminare a caso, ci si deve perdere tra i suoi mille saliscendi, tra i gradini scavati accanto alle case. Di giorno, ma ancor più di notte. Matera è una sorpresa continua: dove ti aspetti un vicolo trovi una piazzetta; scendi le scalette e trovi un balconcino, un affaccio sugli antichi sassi; svolti lungo un ciottolato e si apre uno scorcio sul panorama della gravina. Matera è una di quelle città per cui scrivere cosa vedere sarebbe molto riduttivo.

Pensate a che destino curioso hanno, a volte, alcune città. Matera è uno di quei luoghi che, nel corso di pochi decenni, hanno visto trasformare la propria condizione in maniera diametralmente opposta.

Fino agli anni 50 del Novecento, infatti, era una delle città più povere del nostro Paese. Poche erano le fonti di sostentamento economico e le persone vivevano nelle grotte ipogee, condividendo gli spazi con i figli (a volte sei, sette…) e con gli stessi animali che rappresentavano l’unica fonte di sostentamento e – in inverno – di calore.

Non sono ancora le otto del mattino quando arrivo in città per visitare Matera e il suo centro storico. Mi accoglie uno straordinario profumo di pane. Viene da uno dei forni della città vecchia ed è un meraviglioso benvenuto. Anche dal pane, passa la storia di Matera. Di fronte alla Chiesa di Sant’Agostino ho il primo incredibile colpo d’occhio sui sassi, di una bellezza sconcertante.