Trascorro l’inverno e la primavera sognando acque cristalline e sabbia finissima, ma poi all’improvviso, come spesso mi succede, mando tutto all’aria, voglia di mare compresa, e decido di tornare a “casa”. Si, perché quando torni in un posto per la quarta volta significa che per certi aspetti lì hai trovato la tua “casa”. Per me Irlanda vuol dire semplicemente ”casa”.
Tutto quello che succede in Irlanda il 17 marzo, lo si deve a San Patrizio.
Patrizio era un prete scozzese che, durante una prigionia in Irlanda, imparò il gaelico e per questo, una volta liberato e nominato Vescovo, ebbe il compito di evangelizzare l’isola. Lo fece nella lingua locale, unì elementi della tradizione pagana a quella cristiana (creando dei simboli nuovi come la croce celtica) e utilizzo the shamrock, il trifoglio, per spiegare il concetto della Trinità Divina.
Le sferzate gelide del vento dell’oceano non danno tregua. Piegano impietose l’erba, gli alberi e il collo di chiunque osi sfidarlo.
La terra, alle Isole Aran, non è amica. Le onde increspate dell’oceano, la temperatura rigida, le nuvole che danzano e viaggiano, in una folle alternanza di grigio e raggi di sole e poi pioggia a ancora sole. Troppo pallido per riscaldare.
La prima volta che ho ordinato una Guinness, ho seriamente temuto che il ragazzo dietro al bancone si fosse dimenticato di me. “Poco male…” mi sono detto. “Ascolto ancora un paio di canzoni e passo al pub successivo…” in questo coinvolgente tour alcolico musicale di birra e cantanti live.
All’inizio della quarta canzone, arriva la mia pinta…