Il monte Verruca, chiamato dai trentini El Doss, sovrasta la città.
Sulla sua sommità, nel 1935 venne eretto un imponente monumento a Cesare Battisti. Marmo bianco e alte colonne, in perfetto stile fascista, visibile da tutta la città.
Poco sopra, all’interno del grande parco, si trova la costruzione che ospita il Museo delle Truppe Alpine. Per la verità è una costruzione bassa, piuttosto modesta e decisamente poco appariscente. Fatica e silenzio caratterizzano da sempre questo corpo: molto lavoro, altrettanto lustro ma con la modestia dei Grandi.

Una breve scalinata in marmo bianco porta all’ingresso, dove fanno bella mostra due cannoni. Un addetto alla manutenzione sta annaffiando le vasche con i fiori, in un silenzio che infonde una strana ma piacevole sensazione di tranquillità. Non c’è nessuno e pensiamo subito sia un gran peccato…
Nel cortile intorno all’edificio sono conservati cannoni, mezzi militari restaurati, steli commemorative di soldati e di ufficiali, con incise le motivazioni dei conferimenti delle medaglie e delle onorificenze.

Rimaniamo incantati dall’utilizzo perfetto della lingua italiana: ogni parola al posto giusto, al momento giusto. Alcuni passaggi magniloquenti, altisonanti; altri decisamente commoventi se si pensa alle condizioni al limite dell’umano cui erano costretti i soldati durante i conflitti. Intorno al perimetro, i ceppi delle Compagnie Alpine che hanno fatto la storia d’Italia e delle sue battaglie.

Dietro alla costruzione principale, un edificio curioso quanto significativo: il Museo del Mulo. Una raccolta di cimeli e di reperti inerenti il miglior alleato degli Alpini. Compagno fedele di tante fatiche, si racconta quanto indispensabile fu l’utilizzo di questo animale e quanto le truppe Alpine gli siano riconoscenti.

Entriamo nella sala principale del Museo. L’esposizione è divisa in due parti ben precise. Sul lato destro, reperti, mappe, attrezzature risalenti al primo conflitto mondiale. Sul lato sinistro, la seconda guerra mondiale. Scorriamo le foto, le lettere che dal fronte i soldati mandavano alle famiglie: spesso sgrammaticate, talvolta in dialetto. Molti oggetti sono stati ritrovati, altri sono stati donati da ex combattenti e da reduci: le medaglie, soprattutto.

Ci soffermiamo su un kit di primo soccorso, ancora perfettamente integro. Una cassetta di pronto soccorso rende perfettamente l’idea di quanto precaria fosse la stessa vita, in quelle condizioni. Dure, le guerre, ma la Prima, forse, tra le peggiori.
Molto belle le mappe, con i disegni dei fronti, delle linee di sfondamento e delle indicazioni delle avanzate.

Entriamo nella seconda sala: il Sacrario. Alle pareti i disegni delle montagne dove si sono tenute le più grandi battaglie, in Italia e all’estero. Sotto ad ogni montagna, l’elenco di tutte le medaglie d’oro al valore militare conferite agli Alpini. Nel mezzo, un grosso masso del Monte Grappa simboleggia tutti i campi di battaglia dove sono caduti i Soldati Italiani. Una sala particolarmente toccante.

“Non passar oltre, viandante,
senza sostare: rammenta
quanto dovemmo soffrire
e quanti fummo a morire
perché lo volle la Patria.
Abbiamo combattuto
Su queste montagne,
abbiamo obbedito
ed abbiam donato, sereni,
le nostre giovani vite
senza odio nel cuore.
Ferma il tuo passo un istante
Ed ascolta, nel vento,
la voce dei Morti:
ti chiedono amore
invocando la Pace,
affinché quel patire
non sia stato vano”

Nessuno oggi è più in grado di testimoniare se siano state vane o meno quelle guerre. Se le vittorie valsero i Caduti. Quel che è certo è il sacrificio di tante giovani vite, nel nome di una Patria da costruire o da difendere.

E’ la nostra storia. Piaccia o meno, noi siamo anche questo passato. Talvolta roseo e luminoso; talvolta oscuro. Ma noi, comunque, arriviamo da lì…

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