La luce elettrica nella Cripta del Duomo, è bruciata da oltre una settimana. Uno dei volontari, che ogni giorno si adoperano per mostrare ai pochi viaggiatori questa meraviglia di storia e di arte, ci racconta che né la Curia, né il Comune sono intervenuti per risolvere il problema. Si scaricano vicendevolmente le responsabilità; vecchia abitudine, nel nostro Paese…

Poco male, solo le candele illuminano questa Cripta dell’anno Mille, rendendo ancora più mistica l’atmosfera. Ci sembra, per un attimo, di vivere con più intensità l’emozione della preghiera che, in quegli anni, era ancora una questione molto seria.

Siamo a Penne, piccolo paese dell’entroterra abruzzese che, fin dall’ingresso da Porta San Francesco, svela le sue origini medievali. Strette viuzze tra i palazzi di mattoni, piazzette che si aprono all’improvviso sotto ai balconi decorati e con le ringhiere in ferro battuto. I vasi di fiori nelle vasche di legno accanto alle panchine e il silenzio.

Saliamo, seguendo le indicazioni per il Duomo. L’asfalto sulla strada lascia spazio al porfido e, nelle stradine più ripide, ai mattoni in rilievo, per far aderire meglio i pochi mezzi di trasporto che si inerpicano.

Saliamo ancora e superiamo la bella Chiesa di Sant’Agostino. Un cartello racconta di stile barocco, di cappellette e di affreschi, ma la Chiesa è definitivamente dichiarata inagibile. “Colpa del terremoto?” chiediamo. “Incuria e abbandono”, ci rispondono.

Penne è sorta e si è sviluppata su quattro colli. La sommità di uno di questi ospitava, fin dall’epoca Romana, un tempio pagano sopra il quale vennero erette, prima dell’anno Mille, diverse Chiese. Nell’anno 868 nell’attuale cripta, vennero portate le spoglie di San Massimo, al quale è tuttora dedicato il Duomo.

La Chiesa venne così ampliata e ristrutturata nel corso dei secoli: in stile Romanico, Gotico e poi Barocco. L’ultima ricostruzione, la più drastica, è successiva alla Seconda Guerra Mondiale quando il Duomo fu quasi completamente distrutto da pesantissimi bombardamenti. Della costruzione originale si sono salvati solo una parte della torre campanaria e, fortunatamente, la cripta.

Tre persone chiacchierano tranquillamente su una porta d’ingresso laterale, l’unica aperta. Una si alza e si offre di accompagnarci durante la visita; scopriamo così che il Duomo è, appunto, aperto e visitabile solo grazie all’impegno di volontari.

Del resto, la più bella caratteristica dei Paesi dell’entroterra abruzzese è forse anche la più grande delle difficoltà: sono pressoché deserti. Da un lato è davvero splendido passeggiare tra i vicoli, immersi nel silenzio ed in totale tranquillità. Una riflessione è però doverosa: un simile patrimonio artistico e culturale deve essere valorizzato e promosso. L’Abruzzo merita di essere meta del turismo, non solo per il mare.

Entriamo in Duomo e ci facciamo accompagnare sulla zona del presbiterio, rialzata rispetto alla navata, per la presenza della cripta sotterranea. L’Altare in marmo intarsiato risale all’anno 1100 circa e rappresenta uno degli elementi più interessanti di tutta la costruzione.

Scendiamo nella Cripta, illuminata solo dalle luce fioca delle candele e pensiamo, di nuovo, che forse l’imprevisto è solo una fortuna. Siamo da soli tra le colonne di marmo e alabastro delle cinque piccole navate e il silenzio si fa sentire ancora di più.

In una delle piccole absidi vediamo una bella statua in terracotta e ne osserviamo tre incisioni nette che la tagliano in tre parti. Ci spiegano che l’autore, dopo che assemblò la statua, dovette tagliarla in tre parti per farla entrare nei forni di cottura. All’epoca infatti, nessun forno era sufficientemente capiente.

Gli affreschi si intravedono appena. Li illuminiamo con il flash e ci rendiamo conto del loro splendore e dello stato di conservazione che è decisamente buono. Dovremmo illuminarli tutti, per vederli e questo ci dispiace parecchio: temiamo infatti che la luce forte ed improvvisa li rovini….

Forse in luoghi come questo bisognerebbe trovare un compromesso tra mostrare le opere d’arte e la necessità di conservarle accuratamente.

Rinunciamo alle foto e ci accontentiamo di osservare, alla luce delle candele…

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