A Borghetto sul Mincio bisogna lasciarsi trasportare dal canto dell’acqua.
Il piccolo… piccolissimo agglomerato di casette sorge proprio dove il fiume Mincio si lasciava attraversare, nel suo punto più stretto, fin dal Medioevo e dove successivamente  segnava il confine tra la Repubblica di Venezia e la Lombardia.

L’acqua, a Borghetto, si sente ovunque. Se ne avverte il rumore avvicinandosi al piccolo e antichissimo ponte di legno. Utile quando si cerca refrigerio dal calore estivo; pungente nelle ossa che inumidiscono durante le nebbiose sere invernali. Quelle sere in cui si scorgono solo i merli delle mura e le cime delle torri.

Il fiume è sempre stato importante in queste zone: il Mincio era confine e barriera naturale, teatro di aspre battaglie tra eserciti di opposte fazioni, ma garantiva anche aggregazione sociale e sopravvivenza economica. La case sull’acqua infatti sono in realtà dei mulini quattrocenteschi.
L’acqua, preziosa, faceva girare le pale e le macine per il grano e il riso.
Passeggiando intorno ai mulini, si ha l’impressione quasi di camminare sull’acqua. I mulini stessi, oggi relais di charme, sembrano nascere dal fondale del fiume.

Il paesaggio è idilliaco, rilassante e lascia scivolare i pensieri con la corrente calma, interrotta nel suo percorso da un paio di piccole cascate, proprio dove le acque curvano bruscamente appena oltrepassato il Ponte Visconteo.

La costruzione, ancora maestosa, risale al 1393 quando Gian Galeazzo Visconti decise di costruire questa diga fortificata che era direttamente collegata al Castello Scaligero attraverso le cortine merlate. In lontananza, sulla collina, svetta il Castello. Oggi versa in condizioni non troppo buone, ma merita una visita, anche solo per il panorama.

Ogni anno, lungo i 650 metri del ponte, si imbandisce una tavola enorme e migliaia di persone si incontrano a cena per degustare il famoso “nodo d’amore”. Questo tortellino a sfoglia sottilissima nasce da una leggenda: alla fine del Trecento i soldati di Gian Galeazzo Visconti si accamparono sulle sponde del Mincio, popolato da splendide ninfe che, di notte, uscivano a danzare ma che una maledizione trasformò in streghe. Durante la notte la ninfe/streghe uscirono tra i soldati addormentati quando Malco, uno di loro, si svegliò e rincorse Silvia, una delle streghe che, perdendo il mantello, si rivelò in tutta la sua bellezza.

I due si innamorarono e la Silvia donò al Malco un fazzoletto di seta, come pegno d’amore. La notte successiva Silvia tornò, ma i soldati la riconobbero come strega e la catturarono. Malco, per liberarla, decise di scappare con lei verso l’unica via di fuga possibile: le acque del fiume. I soldati, cercandoli, trovarono solo il fazzoletto annodato dai due amanti come simbolo del loro amore.

Oggi Valeggio sul Mincio è nota per la produzione del “nodo d’amore” e ogni terzo martedì di giugno si rinnova il ricordo di quella leggenda con la lunga tavolata sul ponte.

Il piccolo borgo, che è nella lista de “I Borghi più belli d’Italia” , diventa ancor più affascinante al tramonto e durante la sera. Le torri del ponte si specchiano nell’acqua, si accendono le luci e i riflessi ocra dei mulini rendono l’ambiente quasi onirico. Sicuramente d’effetto per chi cerca un posto tranquillo e romantico per rilassarsi un fine settimana.

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