Alle isole Lofoten le emozioni iniziano presto, prima ancora di arrivare, indipendentemente dal mezzo di trasporto che avete scelto per raggiungerle.

Noi ci troviamo, assieme ad una trentina di persone, su una bi-turboelica della compagnia Wideroe che dalla città di Bodø ci porta in venti minuti esatti a Svolvaer, sorvolando il mare di Norvegia.
Quello che vediamo sotto di noi è spettacolare: centinaia di isolotti sembrano navigare a vista, cercando di allontanarsi piano piano dalla costa principale con l’aiuto del vento. La luce ancora forte, nonostante siano quasi le nove di sera, ci permette di distinguere nettamente le cinque isole maggiori: eccole le Lofoten! Centosessanta chilometri di meraviglie della natura.

Questa è una terra estrema e per molti aspetti inospitale. Il clima, innanzitutto, è  tosto; qui siamo infatti ben sopra il circolo polare artico e l’inverno è lunghissimo. Quando comincia la notte artica, il 4 dicembre di ogni anno, alle due del pomeriggio è già buio pesto.
Dal 27 maggio al 17 luglio si entra, invece, nel periodo del sole di mezzanotte e la luce è perenne, 24 ore su 24. In pratica, il sole non tramonta mai.

La vita è diventata più comoda solo negli anni Ottanta, con i ponti e il tunnel sotterraneo che collega l’isola di Flakstad a quella di Moskenes. Anche Henningsvær, la “Venezia del Nord”, è stata collegata con i ponti solo nel 1983 e prima di allora ci si spostava saltando di barca in barca.
Scendiamo dal nostro piccolo aereo e due episodi (abbastanza comici) ci fanno capire che qui il turismo è certamente arrivato ma siamo pur sempre in una zona remota e di conseguenza poco abitata.

L’aeroporto di Svolvaer, la “capitale” delle Lofoten, è composto da due minuscole  stanze, una per gli arrivi e una per le partenze. E sapete dove si ritirano i bagagli? Non dal solito nastro trasportatore ma direttamente dal carrello posteriore del muletto usato, poco prima, da un addetto per liberare la stiva dell’aereo.

E se pensate che fuori dall’aeroporto ci sia almeno un taxi pronto ad aspettarvi, vi sbagliate di grosso! Qualcuno viene a recuperarvi solo previa prenotazione e noi… non abbiamo prenotato! Superato il piccolo momento di smarrimento, chiediamo a chi è già in fila (più esperto di noi, a quanto pare) di condividere l’auto e la spesa. La fortuna vuole che una coppia di marinai, padre e figlio, vada al porto situato a poche centinaia di metri dal nostro alloggio.
Saliamo in auto con loro e liete di ricevere già i primi consigli su cosa fare e cosa vedere, arriviamo in pochi minuti a destinazione.

Alle Lofoten è obbligatorio alloggiare in un rorbu, le tradizionali casette rosse usate nel passato dai pescatori come riparo durante la notte. Ora la maggior parte di queste strutture è stata ristrutturata ed è dotata di ogni tipo di comfort, in modo tale da rendere il soggiorno dei turisti decisamente piacevole.

Noi alloggiamo allo Svinoya camp, composto da circa una trentina di rorbuer costruite nel 1828. La reception, dove ci rechiamo per recuperare le chiavi della nostra casetta, risale allo stesso anno ed è un autentico museo. In questo locale, infatti, venne aperto il primo emporio della città e ancora oggi potete perdervi curiosando tra bilance, casse, timbri e registri originali. Alle pareti sono appesi diversi pannelli pubblicitari in latta dal sapore alquanto “antico”, mentre sul bancone fanno bella mostra le mercanzie dell’epoca.

Con tanto di mappa del sito e chiavi in mano, ci dirigiamo alla ricerca del nostro rorbu e con la stessa emozione di due bambine davanti ad un bel regalo, apriamo la porta.La casetta è completamente in legno e l’odore che emana ricorda quello dei boschi di faggi ed abeti un po’ umidi. Il pavimento scricchiola ad ogni passo ma questo contribuisce a rendere la situazione ancora più suggestiva. Siamo praticamente a ridosso del mare, poiché le palafitte che sorreggono la casetta sprofondano nell’acqua salata sotto di noi. Fuori dalla finestra si può ammirare un panorama meraviglioso reso ancora più bello dai colori del timido tramonto.. che per la cronaca avviene verso le undici di sera.

Rinfrancate dal tepore del riscaldamento (acceso nonostante sia luglio inoltrato) e di una bella tazza di the, sprofondiamo nel divano e restiamo ad ammirare con non poco stupore l’incredibile luce delle Lofoten che illumina davanti a noi gli isolotti più vicini e le montagne in lontananza.

Ora, la domanda potrebbe sorgere spontanea: cosa si può fare e cosa si può visitare in questo luogo del mondo così remoto?

A discapito di quanto si possa pensare, le attività da fare alle Lofoten sono molte e vi vogliamo dare qualche suggerimento, raccontandovi quello che abbiamo fatto noi in due giorni (e mezzo) di vacanza.

Noleggiare un’auto e vagare a caso in lungo e in largo: sebbene i costi del noleggio siano parecchio elevati (ma, del resto, cosa non è caro in Norvegia?), il mezzo ideale per visitare le isole Lofoten rimane l’auto. Gli autobus esistono ma sono pochi e le coincidenze non sempre comode.

Una volta ritirata la vostra auto, innestate la prima … e raggiungete subito la E10, la strada più panoramica delle Lofoten. E’ un tratto lungo 230 kilometri che parte dal ponte che attraversa Raftsundet a nord delle isole, e arriva fino a Å, nel sud.

Si può dire con tutta tranquillità che è la strada più trafficata dell’intero arcipelago, soprattutto durante la stagione estiva, e le uniche controindicazione che esistono sono le numerose fermate che sarete costretti a fare per scendere dall’auto e fare una fotografia. I punti “ufficiali”per la sosta sono 11, sempre ben segnalati e dotati di un ampio parcheggio, ma non sarà facile resistere dal fermarsi sul ciglio della strada, magari in piena curva, per immortalare una montagna a picco o una spiaggia bianchissima.

Del resto non esistono molti posti al mondo dove le rocce nere delle montagne si trasformano in sabbia bianca e cadono nel mare cristallino e ora che ci siete davanti la voglia di fotografe ogni singolo scorcio sarà tantissima.

Le spiagge dove è obbligatoria una tappa, anche solo per fare una bella passeggiata, sono Flaskstad e Ramberg. Se non fosse per la temperatura gelida dell’acqua, vi sembrerà di essere ai Caraibi e l’istinto di fare un tuffo si farà sentire .

Meritano almeno un passaggio anche le strade secondarie, quelle piene di curve, più lente  e strette ma per certi versi più autentiche ed affascinanti. Fate una deviazione rispetto al percorso più conosciuto per andare a scoprire una fattoria o un piccolo paesino disperso nel nulla.

Lungo la strada forse incrocerete un’auto (ben due, se vi va di lusso) e qualche pecora intenta a brucare l’erba o a camminare lungo il ciglio. Se si stupirà della vostra presenza, tranquilli, è tutto nella norma. Nelle giornate nebbiose, non così rare anche in piena estate, potrete assistere ai panorami più struggenti che possa capitare di vedere.

Non dimenticate, infine, di fare sosta nei piccoli villaggi di pescatori, facilmente distinguibili per i colori accesi delle case. I più rappresentativi di questo spettacolare incontro tra uomo e natura sono: Reine, Nusfjord, Å ed Henningsvær. Con il loro fascino resteranno impressi a lungo nel vostro cuore.

Assaggiare il baccalà in ogni sua forma: che alla Lofoten il baccalà sia un’istituzione lo si capisce fin da subito e non a caso si dice che il miglior baccalà al mondo provenga proprio da qui. Da secoli la vita delle Lofoten si fonda sulla pesca tanto da essere la più importante attività della regione, e qui, il pesce non solo si vende o si mangia ma si celebra ed onora in modo serio! Infatti, nel piccolo villaggio di Å, il paese con il nome più corto del mondo, è possibile visitare il museo del merluzzo.

Qui a raccontarne la storia c’è Steinar Johan Larsen, che in un colorito italiano parla dei pesci come fossero figli suoi. Spiega come i merluzzi arrivano alle Lofoten migrando dal mare di Barents, troppo freddo anche per loro, da tanto da preferire le più calde acque norvegesi per riprodursi, e come i merluzzi diventino poi parte integrante del paesaggio quando durante il lungo inverno artico vengono appesi ad essiccare all’aria aperta, disposti in coppie su alti tralicci di legno.

Per chi è veneto come me, la parola baccalà (o stoccafisso) suona alquanto familiare. Nella nostra cucina tipica infatti è frequente imbattersi in questa pietanza, accompagnata il più delle volte dalla polenta durante la stagione fredda. Ci sarà mai un collegamento tra le isole Lofoten ed il Veneto, due zone geograficamente così lontane? Ebbene si, c’è, ed è anche molto curioso!

Pietro Querini, un mercante e navigatore italiano, naufragò nel 1432 nell’isola deserta di Sandøy, vicino a Røst , assieme a 16 marinai. Fu salvato dai vichinghi e rimase a lungo in questi luoghi riuscendo a carpire i segreti di quella gente, compresa la tecnica di seccare i merluzzi rendendoli duri come pezzi di legno e inattaccabili dalla muffa (gli stockfisk, appunto).

Tornato in patria convinse Venezia a intraprendere un commercio di stoccafissi in cambio di sale, introvabile a quei tempi da quelle parti. Con quel pesce gli italiani ci inventarono dei gustosi piatti, e con quel sale i norvegesi inventarono il baccalà. Uno scambio tanto proficuo da continuare fino a oggi, visto che le Lofoten producono il miglior stoccafisso baccalà del mondo che viene comprato quasi tutto dall’Italia. Gli abitanti di Røst da allora hanno sempre nutrito una grande riconoscenza verso Pietro Querini, tanto che nel cinquecentesimo anniversario del naufragio hanno eretto un cippo in suo onore nell’isola di Sandøy.

A Røst un isolotto è stato chiamato “isola di Sandrigo”, in ricordo della cittadina in provincia di Vicenza dove si tiene annualmente la festa del baccalà. Per converso, a Sandrigo una piazza è stata dedicata a Røst.

Oggi, nei ristoranti delle Lofoten viene proposto non solo il classico filetto di merluzzo o baccalà, ma anche il fish-burger, che non ha nulla a che vedere con il panino americano più famoso al mondo. Deliziosa anche la zuppa di pesce, una zuppa di merluzzo fresco e salmone con latte e porri utilissima per trovare un po’ di tepore quando le temperature sono particolarmente rigide (cioè quasi sempre). Anche qui, il prezzo da pagare per uno dei piatti sopra citati è salato, molto salato, ma se per una sera volete concedervi questo “lusso”, il vostro palato ve ne sarà senz’altro grato.

Approfondire la storia vichinga: se siete alle Lofoten e la giornata è fredda, umida e grigia, tanto da impedirvi di fare delle attività all’aria aperta,approfittatene per fare una visita al Lofotr Viking Museum.

L’occasione, infatti, è ottima per approfondire la storia di un popolo nordico che da sempre affascina sia i grandi che i bambini: il popolo vichingo.

Nel 1981 un agricoltore del villaggio di Borg riportò casualmente alla luce le rovine di una dimora, lunga ben 83 metri e appartenuta ad un potente capo della zona. Si tratta del più grande edificio dell’epoca vichinga mai scoperto in Scandinavia. Da qui ne è nata una bella esposizione permanente suddivisa in tre zone.

Dopo l’ingresso, dove si riceve un’utile audio guida anche in lingua italiana, entrerete nella prima zona del museo dove vengono riprodotti alcuni video che ripercorrono in modo chiaro ed esaustivo la storia dei ritrovamenti avvenuti nella zona. Coinvolgente anche un filmato della durata di 15 minuti che racconta in maniera romanzata la vita della famiglia che abitava a Borg. Il video viene riproposto ogni ora per tre volte.
Successivamente si passa all’esposizione dei reperti ritrovati durante gli scavi: si possono ammirare piccoli gioielli, armi,  ed oggetti della vita quotidiana necessari, ad esempio, alla preparazione del cibo o alla tessitura.

Conclusa la prima parte della visita, si esce e si raggiunge la gigantesca casa vichinga, a forma di nave rovesciata. Ovviamente è una ricostruzione ma è molto fedele all’originale.
Lungo gli 83 metri della dimora potete curiosare tra le varie stanze e i figuranti in costume intendi a preparare una zuppa o alla riproduzione di un mestiere dell’epoca. Se siete fortunati potete anche partecipare ad un banchetto o indossare casacche in ferro ed elmi vichinghi; il loro peso vi farà capire che tipo di fisico era necessario per poterli indossare!

Le condizioni meteorologiche avverse ci hanno impedito di raggiungere la terza parte del museo. È necessaria, infatti, una passeggiata di circa un chilometro per raggiungere una nave vichinga ormeggiata in mare ma la pioggia ed il vento ci hanno costretto a tornare indietro. Quindi per sapere se è interessante oppure o no, “purtroppo” dovrete andarci di persona! 🙂

Per chi ama lo sport: se capitate da queste parti nel periodo estivo le isole Lofoten, si prestano ad un’ampia gamma di attività, che vi permetteranno di entrare a stretto contatto con la natura norvegese in ogni sua forma. Noi purtroppo per motivi di tempo non siamo riuscite a fare molto, salvo qualche passeggiata tranquilla, ma gli amanti del trekking potranno avventurarsi in percorsi più o meno ripidi per raggiungere le vette dei monti più alti.

Gli appassionati degli sport acquatici potranno scegliere tra la pesca, il kayak, la canoa o le immersioni nell’oceano artico, mentre i fanatici della bicicletta potranno circolare lungo le piste ciclabili che affiancano le strade principali. Durante la stagione invernale, le agenzie del luogo organizzano, invece, gite in barca per l’avvistamento delle aquile marine, delle orche e delle balene.

Le Lofoten sono anche un paradiso per chi fa birdwatching in virtù della presenza delle pulcinelle di mare e di tante altre varietà di uccelli della fauna nordica.  Inoltre, una particolare “caccia” praticabile a queste latitudini è quella dell’aurora boreale,  fenomeno naturale tra i più spettacolari che si verifica solo di notte, solitamente tra la fine dell’autunno e l’inizio della primavera.

Insomma alle Lofoten ce n’è davvero per tutti i gusti e non rischierete mai di annoiarvi.

Qualche informazione pratica su come arrivare alle Lofoten:

Alle Lofoten si arriva direttamente in aereo partendo da Bodø e atterrando a Svolvaer o a Leknes, con la compagnia Wideroe del gruppo SAS. Tuttavia gli aerei per queste brevi tratte sono piccoli, quindi occorre prenotarsi con largo anticipo, inoltre le tariffe non sono economiche.

In alternativa, si può volare a Harstad/Narvik (aeroporto di Evenes – voli giornalieri da Oslo) e da qui andare in auto fino a Svolvaer (180 km / circa 3 ore); oppure arrivare a Bodø, volendo anche con il treno, e da qui proseguire con uno degli efficientissimi traghetti norvegesi, puntuali, puliti e dotati di ogni confort.  Per i ferries, gestiti dalla società Torghatten Nord, assicurarsi della loro effettiva disponibilità in caso di mare mosso.

All’aeroporto di arrivo conviene noleggiare un auto, il solo mezzo pratico per muoversi in autonomia.
E’ raccomandabile prenotare tutti i servizi con largo anticipo, perché la disponibilità sia di auto che di alloggi finisce presto specialmente in estate.
Preparatevi ad un esborso di soldi non indifferente ma lo spettacolo che le Lofoten vi saprà regalare non ha alcun prezzo.

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