Il charque di lama non va né su, né giù.
Il suo sapore è forte, intenso. Al punto di penetrarti nel naso e lasciarti nel dubbio tra risputarlo nel piatto o deglutire velocemente per farlo sparire.

Dobbiamo abbandonare in fretta la prima ipotesi. Si tratta del piatto forte del pranzo.
E’ il primo nostro vero contatto con la gente di Bolivia, quando doña Segundina ci invita a su casa.

In realtà non siamo noi gli invitati: la padrona di casa invita David, Maria e Monica, ma i primi due hanno già un impegno. Monica porta noi due senza avvisare dell’improvviso cambio di programma, ma la sorpresa non è affatto un problema: è un’opportunità.

Un’opportunità per doña Segundina di far esplodere tutto il suo orgoglio colla nella capitale del territorio dei camba.

E’ arrivata dalle Ande mille anni fa e non ha un’età anagrafica. Potrebbe avere settanta come cento anni. La sua pelle è raggrinzita dal sole, dalla fatica, dalla malattia. Non ha denti, ma il suo sguardo nero nero è arzillo e profondo. Come i suoi passi corti ma rapidi, nonostante il chagas la stia spegnendo. Non tralascia alcun particolare nel raccontarci delle “sue” montagne, del lavoro duro in alta quota, delle decine di tipi di patate che la terra ruvida, secca e senza speranza, regala a chi la ama. E lei dimostra di amare le sue origini nell’indossare fiera la sua gonna dai caratteristici disegni e colori andini.

Il piccolo cancello di legno si apre sull’altrettanto piccolo spazio all’aperto, condiviso tra le famiglie che occupano le quattro baracche che vi si affacciano. Sono fortunati, perché il tetto è di lamiera e i muri sono di mattoni. Sotto uno degli alberi è preparato con grande cura un piccolo tavolino, con quanto indispensabile al pranzo. Per tre persone.

Doña Segundina non mangerà con noi, ma ci servirà il pranzo che ha preparato per noi.

La sua unica stanza è cucina, soggiorno, sala da pranzo e camera da letto. Contiene a malapena un armadio di legno, sotto il quale sono sistemati i libri di scuola dei figli, un fornello accanto al quale sono accatastate alcune pentole e un po’ di piatti, e i due letti che divide con le sue tre figlie e due figli. Il marito è morto qualche anno fa.

La prima pentola contiene un brodo di verdure e alcune foglie verdi non identificate. La seconda patate fritte.

Lo stupore nostro inizia nel momento in cui ci serve le patate fritte, facendole galleggiare nel brodo di verdure. L’impatto visivo non è dei migliori, ma il sapore è più che accettabile.

Secondo piatto: patate rosse, patate nere, mais bollito, un uovo sodo, formaggio fresco di pecora. E una carne nera, secca e conservata sotto sale: il charque di lama.

Doña Segundina ha seri problemi di salute che la costringono a pochi e lenti movimenti, ma il piatto forte viene dal mercato del Plan Tres Mil, dove in mattinata è andata apposta per comprarcelo…

Lei non pranza con noi. Aspetta. Ci racconta delle figlie, dei loro studi, del lavoro di bidella presso le scuole del quartiere, di quanto sia dura la lotta contro il chagas. Si stupisce del fatto che in Italia non crescano le banane, né il mango. Questa mancanza di risorse la fa sorridere, e probabilmente pensare a che paese strano e inospitale sia il nostro.

Aspetta. Finchè noi, sazi, lasciamo qualche avanzo nel piatto.

Solo a questo punto raccoglie i nostri piatti e con la mano appallottola i nostri avanzi di patate nere e charque. Solo a questo punto inizia il suo pranzo…

Si scusa per essere abituata a mangiare con le mani. Le dita secche compattano due o tre pezzetti diversi che infila direttamente in gola.

Dopo un mate di manzanilla, ci saluta con un abbraccio, chiedendoci di non dimenticarla.

Impossibile…

Lei è stata il nostro primo frammento vero di Bolivia.

Abbiamo lasciato il Paese andino sabato 27 agosto 2007. Il giorno della sua morte, all’età di 55 anni.

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